Anche la BCE inaugurerà il tapering? È una domanda più che legittima se si considera ciò che bolle in pentola negli Stati Uniti. La Fed, infatti, si appresta a mettere in campo una nuova fase di politica monetaria, incentrata proprio sulla diminuzione progressiva del quantitative easing.

L’argomento è complesso, come è complesso produrre stime più o meno realistiche sul comportamento delle banche centrali. D’altronde, per quanto i due massimi istituti monetari mondiali puntino spesso a una convergenza, i rispettivi contesti nazionali e sovranazionali presentano delle caratteristiche differenti, in certi casi addirittura in antitesi.

Vale la pena analizzarli, questi contesti, è da questa analisi trarre qualche spunto per cercare di intuire le mosse future.

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L’attuale contesto monetario ed economico

Attualmente, tanto la BCE quanto la Fed sono impegnate in massicci programmi di acquisto titoli. Ciò non deve stupire, se si considera l’impatto della pandemia non solo a livello sociale ma anche economico. Da questo punto di vista, il quantitative easing non è stata una scelta frutto di una visione ben precisa, quanto una necessità.

Vanno segnalate comunque le differenze tra i due programmi. Come sicuramente già sapete, il quantitative easing della Federal Reserve è molto più imponente di quello della BCE, anche al netto dell’oggettiva differenza tra il sistema economico americano e quello europeo. Inoltre, il quantitative easing targato Federal Reserve presenta un carattere più diretto rispetto a quello della Banca Centrale Europea.

Di nuovo, ciò non deve stupire. A incidere su queste differenze di approccio, il carattere più conservativo della BCE, storicamente restia al finanziamento diretto dai tesori nazionali.

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Come molte avevano previsto, la peculiare congiuntura economica determinata dalla pandemia e la presenza di politiche monetarie così espansive ha generato degli effetti anche negativi sul sistema economico. In parole povere, ha cagionato un aumento dell’inflazione.

Tale aumento si è rivelato ben più grave negli Stati Uniti che in Europa. D’altronde, il vecchio continente partiva da una situazione più svantaggiata (o vantaggiosa, a seconda dei punti di vista). Il riferimento è all’annosa tendenza delle economie europee di cadere nelle spirali disinflattive o deflattive.

Alla questione dei prezzi si aggiunge anche la ripresa economica, che in alcune zone addirittura rampante. Segnale, questo, che in teoria dovrebbe suggerire un inasprimento delle politiche monetarie.

In questo panorama, appare del tutto giustificata una riflessione circa il progressivo abbandono del quantitative easing o una sua radicale permanente riduzione. Tale riflessione negli Stati Uniti sta per sfociare in una concreta presa di posizione da parte della Federal Reserve. È quasi certo che il tapering verrà inaugurato entro la fine dell’anno. Insomma, è solo questione di tempo.

Sarà lo stesso anche per la Banca Centrale Europea? La logica suggerirebbe di sì e, d’altronde il contesto monetario (inflazione in ascesa) ed economico (ripresa ha un ritmo accelerato) è abbastanza simile a quello americano.

Vediamo di vederci chiaro.

I piani della BCE

La questione è più complessa di quanto si possa immaginare per un motivo abbastanza semplice: la Banca Centrale Europea non ha, al suo attivo, un solo programma di acquisto titoli, bensì due: il quantitative easing propriamente detto, che viaggia a un ritmo di 20 miliardi al mese; il Pepp, pensato appositamente per gestire la pandemia, che viaggia a un ritmo di 80 miliardi al mese, benché sia oggettivamente caratterizzato da una maggiore flessibilità.

Chi si attende un tapering, dunque, dovrebbe prima di tutto capire quale dei due programmi di acquisto potrebbe essere coinvolto, o se il programma di riduzione possa riguardare entrambi.

In realtà, il Pepp ha una scadenza precisa. Essa è fissata al 31 marzo 2022. Non è una data scolpita sulla pietra, anche perché il board della Banca Centrale Europea ha espresso più volte il parere che la politica monetaria debba seguire le esigenze del contesto economico e finanziario piuttosto che una rigida programmazione, visto i tempi convulsi e incerti che stiamo vivendo.

Ci si potrebbe chiedere, piuttosto, se il Pepp verrà rinnovato anche oltre la sua scadenza naturale.

Voci di corridoio sembrano avere già la risposta. Secondo la ricostruzione del Financial Times, infatti, la Banca Centrale Europea starebbe pensando a dei provvedimenti per sostenere uno stimolo monetario imponente anche dopo la morte “naturale” del Pepp.

Niente di particolarmente creativo: il board starebbe pensando a un aumento del quantitative easing vero e proprio. In effetti, 20 miliardi al mese potrebbero sembrare troppo pochi per sostenere una ripresa sì accelerata, ma che non appare granché solida. Il tutto al netto delle paure cerca l’inflazione, che è certamente un po’ più alta rispetto a quanto auspicato, ma ancora lontana dai livelli allarmanti che si registrano negli Stati Uniti.

Il “nuovo” quantitative easing targato BCE dovrebbe puntare sull’acquisto di titoli ammessi dalle istituzioni europee, ed essere inquadrato all’interno del più generale piano del recovery fund. 

Insomma, è ancora tutto di là da venire, ma l’orientamento attuale suggerisce una politica monetaria europea diversa rispetto a quella americana. Se la Federal Reserve pensa al tapering, laBCE pensa addirittura a un rafforzamento del quantitative easing, che dovrebbe perlomeno sostituire il quasi defunto Pepp.

Gli effetti delle politiche monetarie sul Forex

Se le voci di corridoio del Financial Times fossero confermate, quale sarebbe l’impatto sul Forex, o per meglio dire sul cambio euro dollaro?

Ovviamente, nessuno ha la sfera di cristallo. In ogni caso in gioco ci sono numerosi fattori, alcuni dei quali imponderabili o difficilmente prevedibili.

Seguendo però una linea puramente teorica, non sarebbe una bestemmia immaginare un euro-dollaro in diminuzione. Il futuro tapering della Federal Reserve dovrebbe infatti imprimere una spinta rialzista del dollaro.

Una spinta che non sarebbe affatto compensata dalle politiche monetarie della Banca Centrale Europea, che (sempre secondo il Financial Time) non starebbe pensando a un inasprimento sensibile stimolo monetario.

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Sia chiaro, da qui a sfoderare nuovamente “i sogni della parità euro-dollaro” ce ne vuole. Anche perché attualmente il cambio si trova attualmente sopra la 1,10 (fine ottobre 2021)

Di certo sapremo molto di più tra qualche settimana, quando la Federal Reserve avrà ormai reso noto l’entità e le tempistiche del tapering, e le voci di corridoio della Banca Centrale Europea si saranno trasformate in una conferma o in una smentita.

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