La BCE potrebbe riesumare il Quantitative Easing, il programma di allentamento monetario che per quattro anni ha immesso liquidità nel sistema economico europeo, finalizzato ufficialmente all’aumento dell’inflazione. Ci sono molti indizi a riguardo, molti dei quali lanciati proprio dal presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi.

In questo articolo indaghiamo sulle reali possibilità che un nuovo Quantitative Easing possa essere varato e sull’impatto che genererà sull’economia reale ma soprattutto sul Forex, riservando un occhio di riguardo al cambio euro dollaro.

Perché il QE può tornare

Il Quantitative Easing è uno strumento in possesso di tutte le banche centrali. Viene utilizzato per imprimere un’accelerazione ai prezzi e per stimolare la crescita economica. E’ considerato una misura straordinaria, in quanto prevede un ampliamento eterodiretto della massa monetaria e può portare ad alcune distorsioni negli investimenti e, a lungo andare, nell’economia reale. Nonostante le iniziali perplessità di alcuni stati membri, nel 2015 la BCE ha varato un Quantitative Easing di discrete proporzioni, con l’obiettivo dichiarato di portare l’inflazione a un livello vicino al 2%. Ufficialmente, il Quantitative Easing si è concluso il 31 dicembre 2018. Molti segnali rivelano però che potrebbe tornare, ovvero che potrebbe essere varato un nuovo Quantitative Easing. Perché? Ecco alcuni dei segnali in questione.

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Mario Draghi non ha mai escluso un nuovo Quantitative Easing. Il presidente della BCE è sempre stato chiaro circa la road map del QE, dichiarando in anticipo le modifiche quantitative e le tempistiche. Tuttavia, ha sempre dichiarato che, nel caso ce ne fosse stato bisogno, il QE avrebbe potuto subire una estensione come minimo temporale. Certo, tra qualche mese il seggio verrà ricoperto da Christine Lagarde, che pur essendo di estrazione parzialmente diversa non ha per ora espresso opinioni in contrasto con la linea che Mario Draghi ha espresso in questi anni, che anzi viene considerata dai più come una linea molto equilibrata.

Gli obiettivi del primo QE non sono stati raggiunti. Spiace constatarlo, ma è proprio così. Se l’obiettivo del Quantitative Easing era portare l’inflazione a un livello prossimo al 2%, il programma non ha funzionato. Secondo alcuni, perché il QE in salsa europea ha esercitato un’azione indiretta sulla massa monetaria, secondo altri perché la liquidità immessa nel sistema è stata troppo esigua. Fatto sta che l’inflazione è ancora bassa. Certo, intorno al 2017 sembrava aver raggiunto un buon 1,7% ma il dato era influenzato dall’aumento degli energetici. Dunque, un nuovo QE potrebbe essere varato, magari con qualche modifica alla struttura, in modo da raggiungere gli obiettivi che il primo programma non ha centrato.

Il quadro economico si sta rivelando più incerto del previsto. Ufficialmente, i programmi di Quantitative Easing hanno come obiettivo l’aumento dell’inflazione. Ufficiosamente, ma in alcuni casi anche più esplicitamente, servono anche da stimolo all’economia. Ora, l’economia dell’eurozona sta attraversando un periodo di incertezza, confutando tutte le stime degli anni passati. Una seconda crisi sarebbe letteralmente devastante, e potrebbe impattare drammaticamente sulla coesione sociale del continente. Dunque, se c’è un momento propizio per un secondo QE, il momento potrebbe essere questo, in modo da evitare l’insorgere di una nuova drammatica recessione.

La Fed potrebbe abbassare i tassi. Il problema è sorto da qualche mese. Un po’ inaspettatamente, l’economia statunitense sta registrando un calo dell’inflazione. Questa dinamica sta preoccupando economisti e policy maker, e ha spinto Donald Trump a lanciare una vera e propria campagna per spingere la Fed ad abbassare i tassi. Sarebbe una svolta a 180 gradi, dal momento che, anzi, la banca centrale americana è ufficialmente inserita in un percorso, per quanto moderato, di aumento dei tassi. Tuttavia le contingenze potrebbero spingere la Fed al dietro front. Ora, potrebbe essere pericoloso per la BCE non intraprendere un percorso di accomodamento, mentre la controparte americana riduce il costo del denaro. Da qui, la possibilità di un nuovo Quantitative Easing.

L’impatto del nuovo QE

Quale impatto eserciterà un nuovo futuribile Quantitative Easing? Stando alla dottrina ufficiale, un restringimento della politica monetaria porta a un indebolimento della valuta. D’altronde una dinamica di questo tipo è stata apprezzata ai tempi del primo QE, quando l’euro si è svalutato sul dollaro di circa un terzo del suo valore. Potrebbe accadere la stessa anche con il nuovo Quantitative Easing?

La risposta è sì, l’euro potrebbe svalutarsi rispetto al dollaro e persino raggiungere livelli vicini alla parità. Tuttavia, va considerato un elemento importante: il comportamento della Fed. Se anche la banca centrale americana abbasserà i tassi, l’effetto del QE europeo potrebbe essere smorzato, fino a risultare impercettibile. La questione è ovviamente complicata, dal momento che in queste dinamiche sono coinvolti anche elementi più concreti, come le prestazioni delle economie di riferimento. Per inciso, nonostante alcuni tiepidi segnali di rallentamento (tra cui la già citata disinflazione), l’economia americana vive un periodo di gran lunga più positivo dell’economia europea.

Quale Quantitative Easing

Ovviamente, esiste Quantitative Easing e Quantitative Easing. Quello varato da Draghi qualche anno fa si caratterizza per una forma più indiretta rispetto al QE americano, vista la norma che impedisce alla BCE di finanziare direttamente gli stati. Inoltre, c’è la questione quantitative da considerare, ovvero la quantità di denaro oggettivamente immessa nel sistema economico. Da questo punto di vista, non è detto che il Quantitative Easing 2.0 assomiglierà alla prima versione. C’è chi auspica un programma più corposo. C’è invece chi prospettiva, almeno nelle fasi iniziali, un programma addirittura più leggero. E’ di questo avviso la famosa banca d’affari Morgan Stanley.

Secondo Morgan Stanley, il prossimo Quantitative Easing potrebbe partire con una iniezione di 45 miliardi al mese, in luogo degli 80 del primo programma. La banca si spinge ancora più in là, e stima anche il comportamento della BCE circa le altre leve, ovvero i tassi di interesse e i tassi sui depositi. Sui primi, Morgan Stanley, in caso di un nuovo corsi espansivo, non prevede ulteriori riduzioni (anche perché si entrerebbe in territorio negativo). Sui secondi, la banca prevede un taglio di dieci punti bassi. In questo modo, i tassi sui depositi passeranno dal -0,40% al -0,50%.

Insomma, il secondo QE è una concreta possibilità, come l’inizio di una nuova fase espansiva da parte della BCE, che tra le altre cose già adesso, nonostante il QE silenziato, si trova in territorio ampiamente espansivo.