Le criptovalute rappresentano l’asset del momento. Il mercato è cresciuto tantissimo nel 2017, complice un Bitcoin in grado di produrre tassi di crescita mai visti nella storia del trading moderno. E’ il Bitcoin a trainare il mercato, questo è vero, ma non si possono negare le opportunità derivanti dal trading su altre valute virtuali. Tra tutte, spicca il Ripple. Essa è relativamente giovane (ha fatto il suo esordio nel 2013) ma si è già imposta come una delle cryptocurrency più interessanti. I motivi dell’interesse che ha generato vanno rintracciate nelle sue performance di mercato, anch’esse praticamente fuori scala, ma anche in alcuni suoi tratti specifici, che la distinguono nettamente dalle altre valute virtuali.

In questo articolo parleremo approfonditamente del Ripple, operando un paragone con il Bitcoin, illustrando le sue caratteristiche peculiari, offrendo una panoramica su ciò che potrebbe accadere.

Ripple e Bitcoin: un confronto

Il Bitcoin è la criptovaluta più conosciuta. E’ utile, quindi, ai fini di una comprensione efficace del Ripple, utilizzarlo come metro di paragone.

Il Ripple, esattamente come il Bitcoin, non esiste dal punto di vista fisico, ma solo su un piano virtuale. Questo è ovvio e scontato, visto che si tratta pur sempre di una criptovaluta. Analogamente, non è supportata da una banca centrale o da una qualsiasi altra istituzione che possa ricoprire ruoli o svolgere funzioni anche lontanamente paragonabili ad essa. Anche questo è un tratto in comune non solo con il Bitcoin ma anche con tutte le altre criptovalute attualmente in circolazione. “l’acefalia” che caratterizza il Ripple quanto le altre valute virtuali rappresenta una testimonianza di indipendenza e autonomia dal potere finanziario e politico, ma genera anche alcuni effetti negativi. In primo luogo, risultando assente un istituto che, proprio come le banche centrali, regoli la liquidità, chi investe sul Ripple non può fare affidamento a un market mover efficace. In breve, si può affermare che questa valuta (ma, ripetiamo, in associazione a tutte le altre crypto) perde in leggibilità rispetto ai classici euro, dollaro, sterlina, yen etc.

Il Ripple e il Bitcoin hanno un altro punto in comune: il sistema di transizione in peer 2 peer. Questo, infatti, garantisce non solo la privacy ma anche la sicurezza. Un tema, quest’ultimo, di fondamentale importanza quando si parla di scambio di denaro “digitale”.

Le due valute hanno molte differenza. In effetti, più di qualsiasi altra coppia di criptovalute. D’altronde è proprio questo che fa del Ripple uno degli asset più interessanti in circolazione: i suoi tratti tipici, sintomo di un approccio al contempo coraggioso e innovativo. La forza del Ripple, infatti, sta nella sua carica pioneristica, nella capacità di mettersi all’avanguardia di un mondo – quello delle criptovalute – in costante evoluzione ma che spesso non viaggia nella direzione giusta e auspicata dagli investitori.

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A testimonianza di tutto ciò, la caratteristica che ha reso famoso il Ripple, e che è intervenuta in maniera “disruptive” nel mercato: la possibilità di scambiare denaro senza continuità di forma. Il network Ripple, infatti, consente di pagare in Ripple e far sì che la controparte riceva euro, dollari, sterlina o qualsiasi altra valuta. Se si considera questa caratteristica, la rete ricopre una doppia funzione: da un lato ambiente transattivo e dall’altro intermediario bancario.

Un altro aspetto specifico consiste nella rapidità della transazioni. Esse, infatti, sono immediate e paragonabili per velocità alle transazioni con valute tradizionali. Non è un dettaglio da poco: fino a questo momento, forse un po’ paradossalmente, le cryptocurrency sono state considerate come uno strumento di investimento speculativo più che un mezzo di pagamento, e la causa va rintracciata proprio nella lentezza delle transazioni che affligge tutte o quasi le valute virtuali. Ripple sovverte questa convinzione e si candida prepotentemente come prima criptovaluta a diventare… Una valuta vera e propria.

Va detto però che la velocità delle transizioni viene scontata con un’assenza piuttosto pesante: quella della blockchain. Le transazioni non si possono tracciare e non c’è alcun registro/database condiviso. Ciò pone in essere alcuni dubbi circa le garanzie di sicurezza di Ripple, anche se fino a questo momento non si sono verificati scandali (es. sottrazione di denaro) o violazioni da parte degli hacker.

Come si investe in Ripple

Investire in Ripple è tutto sommato semplice. Anche perché non si ravvisano importanti differenze, almeno su questo punto, rispetto alle altre criptovalute. Dunque, due sono i metodi: acquistare e vendere direttamente la valuta, fare riferimento a prodotti derivati. Nel primo caso, è obbligatorio rivolgersi alle piattaforme di Exchange, le quali consentono, per esempio, di comprare Ripple in cambio di Bitcoin o di valute tradizionali. Nel secondo caso, si fa trading con CFD che hanno come sottostante proprio il Ripple. In linea teorica, anche i Futures rappresenterebbero una possibilità, ma ancora nessun mercato regolamentato ha emesso prodotti di questo tipo “a base Ripple”. In un prossimo futuro, comunque, potremmo vedere Future sui Ripple, dal momento che i Bitcoin hanno già intrapreso questa strada.

Ad ogni modo, chiunque voglia investire con i CFD di Ripple non deve fare altro che aprire un conto presso un broker che abbia integrato questo genere di prodotti nella sua offerta.

Il consiglio è di scegliere questa seconda alternativa, se l’idea è fare trading speculativo e non semplice investimento a lungo termine. Per quanto le transazioni siano veloci, infatti, acquistare e vendere valuta reale (e quindi non prodotti derivati) ha tempi molto più lungi e costi più alti.

Il Ripple nel 2018

Il Ripple si è ultimamente reso protagonista di ottime performance. Per molto tempo (anzi, qualche anno) è rimasto in sordina, viaggiando ampiamento sotto i 50 centesimi di dollaro. Poi, nel 2017 – come tante altre criptovalute – l’exploit. A metà dicembre, nell’arco di poche ore, ha triplicato il suo valore. Intorno al 22 dicembre ha subito una flessione importante, causa crollo del Bitcoin, ma si è ripreso quasi subito.

Come sarà il 2018 del Ripple? Per rispondere è necessario prendere in considerazione i fattori che influenzano il suo prezzo. Individuarli non è per nulla semplice, anche perché, come abbiamo spiegato nei precedenti paragrafi, manca un market mover fondamentale: la politica monetaria di una banca centrale o di una istituzione che in qualche modo ne faccia le veci.

Correlazione con il Bitcoin. Tutte le valute sono fortemente correlate al Bitcoin. Questo è inevitabile, dal momento che viene percepita come la criptovaluta per eccellenza (oltre a essere quella con il valore più alto). La correlazione da un lato è un vantaggio, in quanto il BTC si sta rendendo protagonista di performance incredibili; dall’altro è uno svantaggio poiché è minata da pesantissimi ritracciamenti (es. quello del 22 dicembre). Per Ripple, lo scenario ideale è rappresentato da una correlazione media, che possa spingerla in alto nelle fasi di crescita, ma che eviti un crollo repentino quando il mercato, seppur per poco tempo, entra in sofferenza. A dire il vero, Ripple ha già dimostrato una correlazione di questo tipo. D’altronde, in corrispondenza del crollo del Bitcoin, il suo valore è sceso di “solo” il 15% circa. Ci sono ampie possibilità che possa migliorare sotto questo aspetto nel corso del 2018.

Immagine e posizionamento. La chiave, quindi, sta nella conquista dell’autonomia rispetto al Bitcoin. Per farlo, il Ripple deve riuscire a imporsi come criptovaluta a sé stante, con caratteristiche specifiche. Insomma, deve riuscire a brillare di luce propria. Essenziale, per raggiungere questo obiettivo, è una comunicazione efficace delle sue potenzialità, che come abbiamo visto sono numerose e niente affatto sovrapponibili con quelle di altre valute. Il riferimento è alla sua capacità da fungere, in maniera del tutto automatica e indipendente, da cambio valute.

Endorsement. La storia recente delle criptovalute suggerisce che una valuta sale alla ribalta quando una istituzione, sia essa pubblica o privata, ne considera le potenzialità, a parole e con i fatti. Pensiamo all’Ethereum, la cui tecnologia ha attirato l’interesse del governo russo. Da questo punto di vista Ripple si difende molto bene. L’unica differenza risiede nel fatto che gli endorsement sono giunti non dai governi, bensì dalle banche. Sono infatti più di quaranta gli istituti finanziari che hanno adottato la tecnologia Ripple per erogare, in maniera più semplice e meno costosa, alcuni specifici servizi di intermediazione. L’idea è che i margini siano ancora molto ampi, e che Ripple possa emergere in maniera ancora più limpida come risorsa per gli istituti, favorendone una miglioramento della percezione in seno agli investitori e un miglior posizionamento nel mercato delle criptovalute.

Ripple nel 2018: tre ipotesi

Possiamo, in via del tutto speculativa, immaginare tre scenari per il 2017: uno buono, uno ottimo, uno cattivo.

Ripple viene preso in considerazione per sostituire il sistema Swift. Come abbiamo detto, di Ripple interessa soprattutto la tecnologia. Il sistema Swift sta tenendo botta, ma certamente non può essere considerato come il migliore dei sistemi possibili, anche perché impiega alcune risorse. La tecnologia di Ripple, invece, per ora in via potenziale, apre le porte per delle transazioni sicure, poco costose, rapide. In questo scenario, che potremmo definire medio, il Ripple potrebbe raggiungere tranquillamente i 10 dollari. Attualmente, a fine dicembre 2017, un Ripple vale più di un dollaro. Si tratterebbe quindi di un balzo enorme, figlio di un tasso di crescita che ricalca quello – incredibile – del Bitcoin nel 2017.

Ripple viene preso in considerazione per l’elaborazione sistematica dei pagamenti delle banche. Lo scenario ottimo, che probabilmente è il migliore degli scenari possibili, vede la tecnologia del Ripple adottata in lungo e largo nelle transizioni bancarie e interbancarie. In questo caso, la criptovaluta conquisterebbe uno spazio amplissimo, e verrebbe ricordata come la valuta virtuale in grado di rivoluzione i metodi di pagamenti. Uno scenario di questo tipo, che in realtà è possibile ma non molto probabile, la spingerebbe certamente oltre i 30 dollari, il ché disegnerebbe un tasso di crescita anno su anno di oltre il 2200%.

Ripple perde lo zoccolo duro. Purtroppo, questo è uno scenario possibile, anche se gli effetti sul prezzo sarebbero tutti da vedere. Ci sono amplie possibilità, infatti, che l’adozione della tecnologia Ripple da parte delle banche causi uno spiacevole effetto collaterale: la perdita di interesse da parte di quello che, oggi, è lo zoccolo duro degli investitori. Questo zoccolo duro è formato principalmente da entusiasti dell’autonomia, della libertà, da coloro che danno fiducia alle criptovalute (in questo caso a Ripple) proprio perché avulse dall’establishment, secondo loro rappresentato dalle banche commerciale e dalle banche centrali. E’ ovvio, se Ripple diventasse la valuta preferita banche, ciò potrebbe essere considerato come una sorta di tradimento. E’ impossibile, nella fattispecie, ipotizzare un prezzo: i fattori in gioco sono davvero tanti.

Oltretutto, sullo sfondo, si staglia quello che è realmente il punto di debolezza di Ripple: la sua offerta potenziale. E’ in programma, infatti, l’emissione di 100 miliardi di Ripple, che è davvero una cifra alta. Ora, per la legge della domanda e dell’offerta, se l’offerta è squilibrata rispetto alla domanda, i prezzi fanno molta fatica a salire. Ebbene, il rischio è proprio questo. Riuscirà il Ripple a garantirsi una domanda in costante crescita? E’ questa la domanda da porsi, per quanto risulti difficile dare una risposta.