Le transazioni del Bitcoin sono in calo. Un dato sorprendente, se si pensa al trend positivo che coinvolge i prezzi. Allo stesso tempo, un dato che può voler dire tanto e che può suggerire l’inizio di un percorso evolutivo dal carattere irreversibile.

In questo articolo ragioniamo sul dato delle transazioni, operando un confronto con gli anni precedenti, fornendo delle possibili spiegazioni. Infine, tracceremo uno scenario plausibile.

Un dato contrastante

Ebbene sì, le transazioni in senso assoluto del Bitcoin (non in base al valore) sono in calo. I grafici – comunque rari – che riportano le transazioni giornaliere sono frastagliati e ricchi di oscillazioni come e più dei grafici dei prezzi ma la tendenza è chiara. Dopo il picco di dicembre 2023 è iniziato un calo quasi verticale. 

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Si tratta di un dato contrastante. Di norma, i numeri sulle transazioni si sono dimostrati sempre coerenti con i prezzi. Quando il Bitcoin si apprezzava, le transazioni aumentavano. Quando il Bitcoin si svalutava, le transazioni diminuivano.

Nello specifico, si è passati dalle 724mila transazioni al giorno del 24 dicembre 2023 alle 313mila transazioni del 26 marzo 2024.

Qual è la ragione di questo crollo? E’ forse un segnale della fine del trend rialzista? Molto probabilità no. Infatti, il crollo è iniziato nei primi di gennaio, e per tutto questo tempo il Bitcoin non ha fatto altro che apprezzarsi.

Dunque, c’è dell’altro. Per qualche strano motivo, il Bitcoin non viene più scambiato come in passato. In realtà il corsivo è d’obbligo, anche perché la motivazione è facilmente intuibile. Gli investitori sono convinti che il Bitcoin aumenterà di prezzo, dunque tendono a detenerlo, a lasciarlo nel portfolio.

La trasformazione in bene rifugio

Questa motivazione dà adito a molte riflessioni. Infatti, è tipica di chi investe nei beni rifugio. Dunque si evince proprio questo: gli investitori stanno trattando il Bitcoin alla stregua di un bene rifugio.

In realtà, l’associazione tra Bitcoin e bene rifugio non è inedita. Anzi, alcuni lo considerano come una sorta di nuovo oro. Solo che, fino a questo momento, era relegata a livello di provocazione, o utilizzata per promuovere il Bitcoin a chi faceva fatica ad approcciarsi, a chi mostrava scetticismo.

Ora c’è un dato che dimostra che, almeno a livello di percezione, il Bitcoin si starebbe trasformando in un bene rifugio.

Si tratterebbe di un radicale cambio di passo per la criptovaluta. La quale, magicamente… Smetterebbe di essere tale. Almeno in principio, il Bitcoin è pensato per essere speso, o per lo meno per essere scambiato. Eppure un bene rifugio non si scambia, bensì lo si tiene in portafoglio.

Perché il Bitcoin non può essere considerato un bene rifugio

Vale la pena chiedersi: il Bitcoin ha le carte in regola per essere un bene rifugio? In realtà sì, ma solo se si considera uno circoscritto periodo di tempo, ovvero gli ultimi due anni.

In questi due anni il Bitcoin, se si escludono le oscillazioni cui siamo abituati, non ha fatto altro che apprezzarsi e una crescita costante (o che almeno dura nel tempo) è proprio uno dei requisiti che fanno di un bene qualsiasi un bene rifugio. Altri requisiti riguardano l’anelasticità rispetto alle crisi e la tendenza a porsi in relazione inversa con le valute fiat.

Non bisogna dimenticare, però, delle caratteristiche intrinseche del Bitcoin. Infatti, la sua crescita potrebbe essere considerata come artificiale, ovvero sospinta da elementi di tipo tecnico. Il riferimento è all’halving, che ogni quattro anni dimezza la quantità di nuova criptovaluta introducibile nel mercato.

Non va nemmeno dimenticata la totale assenza di market mover concreti, che poi si traduce in una marcata suscettibilità ai market mover non convenzionali, alle modifiche normative, alle dichiarazioni di questo o quel legislatore. Secondo i più pessimisti, anzi, la crescita del Bitcoin è dovuta esclusivamente a questa suscettibilità (in questo caso a eventi positivi).