Qualche giorno l’Abi ha dichiarato come le sofferenze bancarie siano un grosso problema sociale, e come la quota maggiore delle sofferenze stesse non sia dovuta ai grandi clienti, ma a una miriade di piccoli e medie controparti, denotando pertanto una criticità sociale “gigantesca”. Ma cosa sono le sofferenze bancarie, e perché c’è tanta preoccupazione intorno a questo tema?

Cosa sono le sofferenze

Ipotizziamo di avere prestato il nostro denaro a un gruppo distinto di persone, e che il nostro credito diventi di difficile soddisfazione a causa dell’impossibilità del debitore di restituire quanto ottenuto in prestito. Purtroppo, difficilmente riusciremo a ottenere indietro quanto avevamo originariamente erogato con fiducia ai debitori.

Parallelamente, le sofferenze bancarie sono una situazione ben più grave dall’esistenza di difficoltà o da prestiti che hanno un’esigibilità dubbia ma ancora possibile: si tratta infatti di denaro che i prestatori non riusciranno a veder restituito, o che – nell’ipotesi più fortunata – riusciranno a riottenere solo in parte.

Perché preoccupano

Le sofferenze preoccupano per almeno due motivazioni. La prima è di carattere sociale (come l’Abi ha sottolineato in più recenti occasioni), la seconda è di carattere puramente redditual-bancario.

Per quanto concerne la prima causa di preoccupazione, appare chiaro come un elevato numero di sofferenze bancarie corrisponda a un altrettanto elevato numero di persone che non sono più nelle condizioni di restituire quando ottenuto in prestito. Il che, in ultima istanza, significa conteggiare un numero maggiore di aziende che chiudono, di persone in nuovo stato di disoccupazione, e così via. Coloro che sono oggetto di sofferenza sono inoltre segnalati nelle Centrali Rischi in qualità di cattivi pagatori, e vedranno pertanto chiuse le porte di nuovi crediti. Insomma, le sofferenze sono un dato numerico che cela decine di migliaia di storie di difficoltà e di disagio, con evidenti riflessi su tutta la società.

Il secondo elemento di preoccupazione è invece di natura reddituale. Le banche hanno la necessità di “mettere da parte” alcune proprie risorse per poter fronteggiare le perdite sui crediti, determinate (anche) dalle sofferenze. Maggiore è la possibilità che la banca vada incontro, nel prossimo futuro, a situazioni di sofferenza, e maggiori saranno anche gli accantonamenti che dovrà effettuare oggi, per tutelarsi domani. I maggiori accantonamenti vanno tuttavia ad erodere gli utili della banca e, di conseguenza, i dividendi potenzialmente ottenibili dagli azionisti. Di qui la necessità di contrarre il più possibile il volume di sofferenze: una esigenza difficilmente compatibile con lo stato attuale dell’economia italiana, e che induce molti istituti di credito a cercare di mantenere elevati i profitti netti andando a incrementare i ricavi alle spese dei clienti (maggiori tassi di interesse, aumento delle commissioni), o tagliando voci di costo (come quelle del personale).