Si tratta di una curiosità, quella circa i paesi più avvezzi al Forex, ma può tornare utile non solo per una riflessione sull’impatto del trading valutario sulla vita di una comunità (numericamente se non altro), ma anche per trarre orientamenti sul proprio futuro da trader.

Come accade in questi casi, almeno nella parte relativa ai tanti significati che una ipotetica classifica può assumere, la questione è abbastanza complessa. Ne parliamo in questo articolo.

L’importanza di una classifica

Che senso ha una classifica sui paesi che praticano maggiormente il trading? Certamente, un senso è dato dalla curiosità che stimolerebbe nei trader e negli aspiranti trader, interessati a capire innanzitutto a quale posto si piazza il loro paese.

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Eppure il significato è un altro. Si tratta di capire, molto probabilmente, quale paese dà più importanza al trading, almeno in via potenziale o ipotetica. Perché è ovvio: se i trader vantano un elevato “peso specifico”, allora è probabile che questi in qualche modo riescano a far sentire la propria voce e a far valere i propri diritti, stimolando le istituzioni – come minimo – a non nuocere all’ambiente di trading.

La buona notizia è che una classifica attendibile c’è. L’ha stilata il sito brokermotes.co e, in realtà, riporta i paesi con il più elevato numero di trader in Europa. Certo il numero è “assoluto”, ovvero non rapportato alla popolazione, ma è comunque significativo. Inoltre, va specificato, tale classifica (l’ultima disponibile con numeri certi e che prende in oggetto un contesto così esteso) è del 2016 Infatti c’è la Francia, che pochi anni fa ha imposto delle pesanti limitazioni al Forex.

Soprattutto, offre una sorpresa: l’Italia… è al secondo posto!

Ad ogni modo, ecco la top 10

  • Regno Unito: 280.000 trader circa
  • Italia: 150.000 circa
  • Germania: 150.000 circa
  • Francia: 130.000 circa
  • Romania: 110.000 circa
  • Spagna: 95.000 circa
  • Olanda: 70.000 circa
  • Polonia: 60.000 circa
  • Danimarca: 30.000 circa
  • Russia: 30.000 circa

Il primo posto è del Regno Unito, e ciò non sorprende dal momento che stiamo parlando del cento della finanza europea. Ma certo vedere l’Italia a pari merito con la Germania e sopra la Francia (ricordiamo, i dati sono del 2016) fa un certo effetto.

Cosa significa fare Forex in un paese ad alto numero di trader

Sia chiaro, potrebbe non significare nulla. Certo, gli indizi per pensare il contrario ci sono tutti. Indizi in primo luogo logici. Se in un paese operano molti trader, questi hanno una influenza maggiore, non rappresentano una minoranza così ridotta da passare inosservata, dunque possono difendersi dagli attacchi del legislatore. Ora, questo ha ripercussioni soprattutto dal punto di vista fiscale. Non è un caso che il Regno Unito abbia una pressione fiscale sui trader (e quindi anche sui Forex trader) piuttosto bassa, e che l’Italia ne abbia uno non particolarmente pesante. Insomma, si tratta di una correlazione che certo potrebbe essere spuria, ma potrebbe avere anche un suo significato.

L’importanza dell’ambiente di trading

Fiscalità a parte, il trader non deve cercare l’ambiente di trading perfetto in questo o quel paese. Lo deve cercare all’interno del contesto stesso del Forex. Ovvero, scegliendo bene il broker. Le tasse incidono, ma incide di più l’assenza di profitto. Un buon broker, capace di mettere a disposizione informazioni, strumenti e piattaforme funzionali alla generazione del guadagno, disegna un ambiente di trading desiderabile.

Come scegliere il broker? Il consiglio è di puntare a quelli che vantano una buona reputazione, che si appoggiano a contesti solidi, che spiccano per accessibilità dei costi, ampiezza dell’offerta ed assistenza eccellente. Dukascopy Europe fa parte della categoria, soddisfa tutti i requisiti. Dietro, per esempio, ha lo Swiss Banking Group. E poi è un broker ECN, sinonimo di spread quasi nulli, prezzi reali e profondità di mercato.