Buona parte dei Forex trader tende a focalizzarsi sulle valute più importanti, che sono euro, dollaro, sterlina, yen e quindi a investire su un numero ristretto di coppie, se non addirittura sull’euro dollaro in maniera esclusiva. Eppure il Forex è foriero di opportunità anche se si guarda altrove, a valute che spesso faticano a uscire fuori dalla nicchia degli esperti. Tra queste ci sono le cosiddette commodity currencies, che danno vita, a loro volta, alle coppie commodity.

Con il termine commodity currency si indica una valuta il cui valore è fortemente correlato a una o più commodity specifiche. Con il termine coppie commodity, invece, si intendono le coppie formate da una di queste valute e il dollaro.

Le commodity currencies principali sono il dollaro canadese, il dollaro australiano e il dollaro neozelandese. Di conseguenza, le coppie commodity sono USD/CAD, AUD/USD, NZD/USD.

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Da cosa è dato il legame tra valuta e commodity? Semplice: alcune economie, e nello specifico quelle canadese, australiana e neozelandese, sono basate essenzialmente sulla produzione e sull’esportazione di commodity. Ora, tutti i paesi esportano, chi più chi meno, beni di questo tipo, ma solo i paesi cui è stato fatto appena riferimento dipendono da una tale attività. La dipendenza è così forte da generare un pesante impatto sul mercato valutario

Le coppie commodity vanno prese in considerazione per un motivo in particolare: sono facilmente leggibili, e lo sono perché lo è l’andamento dei prezzi delle commodity.

Prima di illustrare le coppie una ad una è bene offrire qualche linea generale, una sorta di istruzioni per l’uso.

La loro influenza si fa sentire soprattutto nel lungo termine. Ciò è vero perché la maggior parte delle commodity si caratterizza per trend molto lunghi. La volatilità ovviamente è presente, sebbene in misura minore rispetto alle altre coppie, alle azioni e alle obbligazioni, ma spesso il mercato tende a ignorarli e a focalizzarsi sui movimenti a lungo termine.

Le commodity sono importanti ma non decisive. Ok, è assodato che alcune commodity influenzano notevolmente il valore di alcune monete. Tuttavia, non è l’unico fattore in gioco. Occorre, infatti, guardare anche all’altra metà della luna, che nel caso delle coppie commodity è il dollaro. Chi fa trading con questo tipo di “pair”, quindi, deve fare riferimento a tutti i market mover “a trazione americana” e riservare un occhio di riguardo alla politica monetaria della Federal Reserve.

Considerare gli indici utili solo per il trading a lunghissimo termine. Gli indici raggruppano le commodity generali, senza fare distinzione tra le varie materie prime. E’ necessario che passi un po’ di tempo prima che l’intero comparto possa muoversi all’unisono e quindi fungere da market mover.

Considerare la situazione geopolitica. Sia Canada che Australia e Nuova Zelanda sono paesi molto stabili. Il problema, dal punto di vista geopolitico, non riguarda loro bensì i grandi paesi esportatori. Se uno di questi paesi è in preda al caos, la domanda rischia di ridursi.

Ora che abbiamo inquadrato il fenomeno, è possibile approfondire le coppie commodity una per una.

Il dollaro canadese, ovvero USD/CAD

Il Canada è uno dei maggiori paesi esportatori di petrolio in circolazione. Non si direbbe, dal momento che al petrolio in genere si associa soprattutto il Medio Oriente, e invece il Canada esporta petrolio ovunque, soprattutto negli Stati Uniti. Il merito va alla presenza, molto diffusa in territorio canadese, delle sabbie bituminose, che sono delle rocce sedimentarie dalla quale si ricava un bitume, materia prima per sintetizzare il petrolio greggio.

Alla luce di quanto detto fino ad ora, il valore del dollaro canadese dipende molto dal prezzo del petrolio. Se questo aumenta, il CAD si apprezza. Di conseguenza, la coppia scende di valore (è ovvio, dal momento che il primo termine del cambio è il dollaro).

Si tratta, quindi, di studiare i market mover del petrolio e fare trading di conseguenza. Uno dei principali market mover legati al petrolio sono le scorte di greggio detenuto dagli Stati Uniti che, forse un po’ per paradosso, figurano tra i grandi produttori e tra i pochi paesi e rendere pubblica le proprie scorte. Tuttavia, è evidente: se la produzione statunitense subisce modifiche, ciò ha effetti sull’offerta della materia nel suo complesso, incidendo quindi sul prezzo.

Ovviamente, anche se non rappresenta un market mover strutturale, sono da studiare le riunioni OPEC, che possono decidere – come in effetti è successo di recente) di favorire un taglio della produzione o un aumento, a seconda delle esigenze. In questo momento, il petrolio sta cercando di risalire la china dopo anni di contrazione e di minimi da molti anni a questa parte. L’OPEC, per tanto, si è vista costretta a imporre un taglio della produzione urbi et orbi.

Un altro market mover, forse il più importante tra quelli legati al petrolio, è rappresentato dalla domanda dei paesi importatori, in particolare – nella fattispecie – degli Stati Uniti. E’ ovvio, se la domanda è sbilanciata a favore dell’offerta, i prezzi scendono. Per capire come si sta comportando la domanda si possono utilizzare vari parametri: PIL, produzione industriale, PMI manifatturiero. La domanda è un elemento importante in quanto il petrolio, oltre a essere il carburante per i mezzi di trasporto, sono i combustibili per poter far funzionali i macchinari. Infine, la situazione geopolitica. Se questa, in corrispondenza di paesi forti produttori di petrolio, si surriscalda, il prezzo del petrolio sale e, di conseguenza la coppia NZD/USD.

Il dollaro australiano, ovvero AUD/USD

Discorso diverso per l’Australia. Il suo business principale, infatti, è l’estrazione e la vendita di oro. E’ proprio questo, quindi, l’elemento che influisce sul valore del dollaro australiano e quindi della commodity pair relativa. Non va dimenticato, infatti, che anche l’oro è una commodity.

Decifrare il comportamento del prezzo dell’oro e prevedere il suo futuro prossimo, è quindi essenziale per fare trading con il cambio AUD/USD. Ora, da cosa dipende il prezzo dell’oro? Rispondere è facile e difficile allo stesso modo. Facile perché i market mover del metallo giallo sono ben definiti e quasi sempre illuminanti. Difficile perché, dopotutto, è assai più volatile degli altri commodity.

Questi market mover, sia chiaro, hanno poco a che fare con la domanda da parte di alti paesi, se essa riguarda le attività economiche. E’ una questione soprattutto di investimenti.

L’oro è un bene rifugio e in quanto tale viene fatto oggetto di interesse da parte degli investitori (più di quanto non accada di solito) quando… Le cose vanno male. Se gli investimenti tradizionali non rendono o sono caratterizzati da una forte instabilità, spesso si ricorre all’oro per preservare il capitale. Ciò avviene nella maggior parte dei casi quando si verificano tre eventi. Primo: le valute vanno incontro a una svalutazione, la quale sovente genera un effetto domino, ossia la classica guerra delle valute. Il rischio di cambio, in questo caso, si fa veramente alto. Secondo, le politiche monetarie sono ultra-espansive e abbattano i rendimenti di tutti gli investimenti con un effetto domino. In realtà, in questo secondo caso, le alternative sono numerose (es. investimento nei mercati emergenti) ma anche l’oro ne beneficia notevolmente. Infine, quando i prodotti di investimento di massa, pensiamo alle azioni, vivono un momento difficile. Al classico panico delle borse segue, infatti, un aumento del prezzo dell’oro. Da questo punto di vista può essere utile volgere lo sguardo ai vari indici, che riassumono in maniera abbastanza fedele lo stato di salute dei vari comparti.

Di contro, l’oro perde valore se le politiche monetaria intraprendono un percorso restrittivo, non accomodante, proprio perché è più conveniente investire nei prodotti finanziari e gli interessi sono più alti. Anche quando le borse rendono l’oro tende a calare. Ultimamente, l’oro sta soffrendo di fronte alla crescita di asset nuovi, che si caratterizzano per un tasso di crescita inusitato e che puntano diretti allo status di bene rifugio. Pensiamo, per esempio, a Bitcoin. Sia chiaro, il valore del Bitcoin non va ancora considerato un market mover dell’oro, in quanto il fenomeno è solo all’inizio, ma in futuro questa correlazione potrebbe cristallizzarsi.

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Infine, una piccola nota, i cui principi sono stati illustrati nel paragrafo precedente ma che giova ricordare. Questi market mover hanno una correlazione negativa con la coppia AUD/USD. Quando i market mover spingono l’oro verso l’alto, la coppia scende. Quando i market mover spingono l’oro verso il basso, la coppia sale. Questo accade perché, appunto, il primo termine della coppia è l’USD.

 Il dollaro neozelandese, ovvero NZD/USD

Molto più complesse sono le meccaniche del dollaro neozelandese. Ciò per due motivi. In primo luogo, il dollaro neozelandese è, tra le commodity currencies, quella meno tradata in assoluto, quindi la liquidità è ridotta e la volatilità pure. Secondariamente, a differenza del dollaro canadese e del dollaro australiano, non dipende in larga misura da una sola commodity che, come abbiamo visto, è il petrolio nel primo caso e l’oro nel secondo caso. L’economia della Nuova Zelanda, infatti, è nettamente trainata dalla produzione e delle esportazioni commodity, ma non di una sola commodity. Se ne contano più di un paio: oro, legna, prodotti agricoli su tutti.

Ora, dei market mover dell’oro abbiamo ampiamente parlato. Quindi non rimane che trattare legna e prodotti agricoli. Ebbene, i market mover di legna e prodotti agricoli sono veramente pochi, almeno quelli strutturali. Si può fare riferimento, comunque, ai parametri che illustrano le performance del settore primario.

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Certo, si può e si deve fare riferimento soprattutto alla domanda dei paesi importatori. I maggiori partner commerciali della Nuova Zelanda sono, in quest’ordine: Cina, Australia, Unione Europea, Giappone. Quindi, occhio ai dati che rivelano lo stato della domanda in questi paesi: produzione industriale, PMI manifatturiero, persino i consumi.

Chiudiamo con un consiglio generale. Le coppie commodity sono orientate in maniera netta dal prezzo delle commodity, questo è vero. Tuttavia, è impossibile anche solo pensare di investire semplicemente studiando le commodity, come se fossero gli unici fattori in gioco. Il mercato valutario è complesso, anche perché specchio di un sistemo economico-finanziario all’insegna dell’interdipendenza. La via maestra, quindi, è produrre analisi tecnica e fondamentale come se si stesse facendo trading con le coppie “normali”. Solamente, occorre dare più spazio e dedicare un tempo maggiore proprio alle commodity che, ripetiamo, sono: petrolio per il Canada, oro per l’Australia, oro e prodotti agricoli (e legmane) per la Nuova Zelanda.