Dalla finanza al calcio, il termine “plusvalenza” accompagna frequentemente le cronache che riferiscono al fisco, e non solo. Cerchiamo dunque di fare un pò di chiarezza su questo termine, e capire pertanto quale siano le caratteristiche delle plusvalenze, e i loro collegamenti con il mondo fiscale.

Iniziamo con il ricordare che plusvalenza è l’incremento di valore di un certo determinato bene: si pensi a un’abitazione acquistata nel 2005 a 150 mila euro, e oggi del valore di 170 mila euro, o un’azione acquistata una settimana fa a 1 euro, e oggi del valore di mercato di 1,1 euro. Le differenze di valore (nei nostri esempi, 20 mila euro per la casa, 0,1 euro per l’azione), costituisce la plusvalenza.

Stabilito quanto sopra, occorre cercare altresì di comprendere quale sia il riflesso fiscale della plusvalenza. Rappresentando un “guadagno“, la normativa fiscale penalizza la plusvalenza con una specifica imposizione (di norma, con imposte dirette). Qualche esempio?

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Nel caso di una cessione di una partecipazione non qualificata (ovvero, inferiore al 20% di una società non quotata, o al 2% di una società quotata), la plusvalenza sarà tassata con una imposta sostitutiva pari al 20%: la tassazione potrà avvenire in sede di dichiarazione dei redditi (indicando il valore nel quadro RT) o, in alternativa, in regime di risparmio gestito (si delegherà una banca o una SIM al pagamento della tassa). Nel caso – più raro – di cessione di una partecipazione qualificata, la plusvalenza concorrerà alla formazione della base imponibile IRPEF, nei limiti del 49,72% del proprio ammontare.

Anche sulla base dell’esempio formulato, emerge chiaramente quale sia la natura della plusvalenza: il maggior valore determina una capacità contributiva (come reddito prodotto o reddito – entrata), che il legislatore fiscale ha ritenuto opportuno sottoporre a specifica tassazione.

Se il concetto di plusvalenza è chiaro, dovrebbe esserlo altresì quello di minusvalenza: la minusvalenza è infatti il minor valore che è determinato dal deterioramento del “prezzo” di un determinato bene. Per quanto ovvio, la minusvalenza non solo non è soggetta ad alcun tipo di tassazione, ma può – entro certi limiti – controbilanciare il peso fiscale sulle plusvalenze.

Per semplicità gestionale, è opportuno delegare gli aspetti fiscali in regime di risparmio gestito: in questo modo sarà l’intermediario finanziario a gestire tutti gli aspetti relativi al calcolo e al versamento delle tasse, esentandovi dal doverlo fare (o, meglio, farlo fare al commercialista) in sede di dichiarazione dei redditi.