I tassi BCE sono in costante aumento e non accennano a scendere. L’Europa è sferzata da una politica monetaria aggressiva come se non se ne sono mai viste, da quanto le redini del continente sono in mano a Francoforte. Eppure sono in molti a chiedere prospettive chiare, un piano di rientro solido e se possibile repentino da questa stretta sui tassi.

D’altronde, le conseguenze di un aumento così radicale sulle economie reali sono ben note. In questo articolo facciamo il punto della situazione e operiamo una riflessione circa il futuro più prossimo.

La situazione dei tassi BCE

La BCE sta aumentando i tassi di interesse a un ritmo costante ed elevato. Lo sta facendo da quando l’inflazione alta è tornata a fare capolino in Europa dopo una ventina d’anni di relativa tranquillità. Di venticinque punti base in venticinque punti base, a maggio i tassi di interesse hanno toccato il 4%, mentre i tassi sui depositi hanno raggiunto il 3,25%.

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Lo scopo è arginare l’aumento dei prezzi che, in maniera pressoché uniforme, sta coinvolgendo tutti i paesi sotto la giurisdizione della Banca Centrale Europea, e non solo. L’inflazione dell’area euro, anno su anno, è stata del 6,1% a maggio, ma si sono toccate vette più elevate. Basti pensare che a ottobre 2022 ha raggiunto il 10,6%. 

Le cause di un aumento così rapido dell’inflazione sono prevalentemente esterne, con la guerra in Ucraina e le ben note difficoltà sul fronte energetico a tenere banco. In parte, tuttavia, sono meramente finanziarie e riguardano la gestione delle leve monetarie e fiscali: l’area Euro viene da un’era di tassi bassi, Quantitative Easing corposo e larghe concessioni (dovute alla necessità di sostenere l’economia reale durante la pandemia).

Le conseguenze per l’economia

Ovviamente l’impatto che l’aumento dei tassi ha generato sull’economia reale non ha sorpreso nessuno. A sorprendere, però, è stata l’intensità con cui si è palesato, anche alla luce delle prospettive di policy making, che non arridono certo alle “colombe” (ovvero a chi vorrebbe una politica più accomodante).

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Il dato più allarmante riguarda il PIL dell’UE, che nel quarto trimestre 2022 e nel primo trimestre del 2023 è sceso dello 0,1%, segnando così l’entrata nella recessione tecnica.

Ma è sul fronte del credito che si sta assistendo alle conseguenze più gravi. Il riferimento è ovviamente ai mutui, i cui costi stanno aumentando a un ritmo vertiginoso. L’Euribor è stabilmente sopra il 3%, un valore elevatissimo, se si pensa che prima di questa nuova fase di politica monetaria si attestava in territorio negativo. Ciò ha portato a una crescente difficoltà per le famiglie e i privati ad acquistare casa, e quindi a una crescita della domanda per gli affitti, la quale si è risolta come logico in un aumento delle locazioni.

In generale, si assiste a una fase di sofferenza per le imprese che intendono rifinanziarsi, e che non hanno avuto il tempo di adeguare i loro bilanci e quindi i piano di investimenti ai “nuovi” costi di indebitamento.

Le prospettive di politica monetaria

Secondo molti la situazione è poco sostenibile. Va bene aumentare i tassi di interesse per abbassare l’inflazione, che a suo modo è una piaga con la quale è difficile convivere, ma i benefici di una stretta così asfissiante potrebbero essere surclassati dagli effetti collaterali. La BCE, nell’ultima sua conferenza (maggio 2023), ha lasciato trapelare ben poco, dichiarando che l’obiettivo principale è il ritorno dell’inflazione al 2%, e che valuterà di volta in volta.

Dunque, l’unico modo per prevedere il cambio di rotta è analizzare le prospettive dell’inflazione. Da questo punto di vista, è evidente: sta scendendo. Oscillazioni al ribasso si sono registrate anche l’anno scorso, ma la discesa sembra essere abbastanza solida. A maggior 2023, come già specificato, era pari al 6,1%, mentre nei mesi precedenti è stata dell’8,2%, del 7,6%, del 9,1%, del 10,0% e via discorrendo.

Questo andamento, qualora venisse confermato, e magari accompagnato da difficoltà sempre più cocenti sul fronte dell’economia reale, potrebbero convincere la BCE a cambiare la rotta nel breve periodo. Quando, di preciso? E’ lecito attendersi la fine degli aumenti entro qualche  mese, ma non una discesa. A fare fede potrebbero essere le previsioni di Bloomberg, che immagina un primo calo nel secondo trimestre del 2024. 

I cali successivi potrebbero essere graduali, sempre nell’ordine dei venticinque base, o procedere addirittura a singhiozzo. D’altronde, è evidente l’indirizzo generale della presidenza Lagarde, che sta rendendo decisamente onore a quello che lo scopo ufficiale della BCE: controllare i prezzi.