E’ una notizia molto recente: la Francia starebbe preparando il terreno per creare una criptovaluta di Stato. La possibilità che una potenza mondiale come quella francese si possa gettare a capofitto nel mondo delle valute virtuali fa specie, ma è bene sapere che non si tratterebbe di un unicum. La Francia, nella migliore delle ipotesi, sarebbe il terzo stato a varare un progetto simile, subito dopo Venezuela e Cina.
Si tratta comunque di una notizia certa, sebbene di tempistiche ancora non si sia parlato e il progetto giaccia ancora a uno stato embrionale. Ne parliamo in questo articolo, offrendo anche una panoramica finale sul concetto di criptovaluta di Stato, in riferimento ai paesi che stanno portando avanti piani di questo tipo.
Cosa bolle nella pentola francese
A dare la notizia non è stata una testata giornalistica, non si tratta di rumor. A informare il mondo del nascente impegno del paese transalpino nel mondo delle criptovalute è stata nientemeno che la Banca di Francia, ovvero la banca centrale nazionale dello stato francese. I rumori, quelli sì, riguardano le tempistiche, che dovrebbero essere piuttosto brevi: un primo whitepaper, infatti, dovrebbe essere lanciato già nel 2020.
Ma a cosa sta pensando la Francia? A spiegarlo è stato proprio Francois Villeroy de Galhau. Le istituzioni transalpine, proprio attraverso la banca centrale nazionale, sta progettando una criptovalute di tipo stablecoin, dunque non soggetta a volatilità estrema e ancorata a un qualche asset specifico e dal prezzo stabile. Non è stato detto nulla su quali possano essere gli asset di garanzie, ma alcuni commentatori stanno pensando alle riserve auree, che in Francia abbondano.
Ad ogni modo, lo scopo di questa criptovalute sarebbe quello di agevolare le grandi transazioni, sia tra i privati che nei confronti dell’amministrazione. Attualmente, dunque, non è in discussione un uso al dettaglio, probabilmente per non violare la norma che vieta l’istituzione di una seconda valuta. Non è certo nemmeno che la Banca Centrale Europa approvi il progetto, dal momento che potrebbe essere giudicato borderline, ma siamo sicuri che non passerà molto tempo prima che il massimo istituto finanziario del continente si esprima a riguardo.
Nel frattempo, sempre stando alle parole del governatore francese, il progetto prevede un’applicazione a livello nazionale ma sarebbe pensato per risultare utile anche a livello comunitario, nella prospettiva di creazione di un sistema di pagamento paneuropeo.
Lo stato del progetto è ancora embrionale, ovviamente. Per ora la Banca Centrale Francese ha istituito una commissione di studio finalizzata a individuare ipotesi e a verificare la fattibilità dell’idea, sia da un punto di vista economico che tecnico. Tuttavia, sembra essere confermato che la futura (o futuribile) criptovaluta francese si baserà sulla tecnologia blockchain, che ad oggi sembra la sola capace di offrire delle reali garanzie di sicurezza.
Il precedente: Petro, la criptovaluta del Venezuela
Come accennato a inizio articolo, il progetto francese cade come un fulmine a ciel sereno ma non ha nulla di inedito. La Francia non è il primo stato, anche di una certa portata, a progettare una criptovaluta istituzionale. La dinamica fa specie, dal momento che il commercio di criptovalute, attualmente, non è visto di buon occhio dalle istituzioni di tutto il mondo, benché sia largamente tollerato, se si escludono alcune eccezioni. Ma tant’è: evidentemente la tecnologia piace, come piace anche il concetto stesso di valuta virtuale.
Alcuni paesi sono molto più avanti nella progettazione di una criptovaluta di Stato. In alcuni casi il progetto è già realtà, forse più per necessità che per spirito di innovazione. E’ il caso del Venezuela, che ha deciso di contrastare l’iperinflazione con l’istituzione di una criptovaluta di Stato, ovvero il Petro. Nei desiderata del governo venezuelano Petro dovrebbe diventare una valuta a tutti gli effetti, stabile (a differenza del Bolivar) grazie all’aggancio con quella che è la vera ricchezza del paese: il petrolio.
Petro è stata annunciata ormai parecchio tempo fa, ma ha fatto il suo esordio solo a ottobre del 2019. Le notizie che giungono dal Venezuela sono scarse, ma sembra che il governo la stia utilizzando per pagare le tredicesime. Alcune voci, tuttavia, lamentano che la criptovaluta di stato venezuelana non sia ancora accettata dai commercianti, facendo venire meno il principio base di ogni moneta: la fiducia condivisa. Ad ogni modo, è ancora presto per giudicare, due mesi sono effettivamente pochi per capire se un progetto sia destinato al fallimento oppure no. Certo, lo scetticismo è un sentimento diffuso, sebbene a incidere nella percezione su Petro non sia tanto il progetto in sé quanto la situazione in cui versa, in generale, il Venezuela.
Il piano della Cina
Discorso diverso per la Cina. Una criptovaluta di Stato cinese farebbe veramente paura all’occidente, vista la solidità del paese. A quanto pare, il governo cinese sta patrocinando la nascita di una criptovaluta vera e propria, anche in questo caso basata sulla blockchain ma di tipo stablecoin (la stabilità è un requisito necessario per fare di una valuta un vero mezzo di pagamento). La cosa fa specie, se si considera che la Cina ha di recente mostrato un’avversità totale per le criptovalute, di fatti vietandone il possesso e il trading.
La notizia di una criptovaluta cinese è certa, dal momento che a parlarne sono stati alcuni maggiorenti delle aziende governative cinesi, come Huang Qifan, vicepresidente del China Center for International Economic Exchanges.
Lo scopo della Cina potrebbe essere quello di svincolarsi dallo strapotere americano in fatto di transazioni internazionali, argomento che sta molto a cuore al colosso asiatico. Alla base, quindi, sarebbe la volontà di mettere in piedi un sistema di pagamenti alternativa, indipendente.
Attualmente, la criptovaluta cinese, sebbene ancora di là da venire, appare come la maggiore e futura concorrente di Libra, la criptovaluta di Facebook. Il progetto di Mark Zuckerberg è ambizioso e rischia di rivoluzionare il mondo dei pagamenti e non solo. C’è da dire, però, che ultimamente sta perdendo dei pezzi per strada, ovvero alcune partnership importanti come Visa e Mastercard. Tra l’altro, è oggetto di pesante scetticismo delle istituzioni americane, che in alcuni casi vedono il progetto come una minaccia per il potere costituito e gli equilibri finanziari-commerciali.