Le ICO stanno spopolando. Ogni giorno fa il suo esordio una ICO diversa, con le sue specificità, le sue potenzialità, i suoi punti di forza e di debolezza. Il mondo delle criptovalute se ne sta avvantaggiando, e ne sta traendo un motivo di crescita.

La diffusione delle ICO, però, ha posto in essere questioni di tipo burocratico, fiscale e legale. Il nucleo della questione è sempre lo stesso: l’assenza di una regolamentazione ufficiale, il cui scopo sarebbe da un lato tutelare gli investitori, dall’altro lato tutelare gli sviluppatori nell’esercizio delle loro funzioni.

In questo contesto così complesso e allo stesso tempo caotico, gli organismi di vigilanza stanno tardando a far sentire la propria voce. Fa eccezione la FINMA, l’autorità di vigilanza sui mercati della svizzera. Certo, il suo contributo, a un livello operativo, non impatta in modo definitivo e internazionale, ma sicuramente fa ben sperare per un rapido allineamento da parte delle altre autorità nazionali. Cosa ha deliberato la FINMA? Prima di discutere delle novità interpretative che ha apportato, è bene fare un recap sulle ICO.

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Cosa sono le ICO

ICO è l’acronimo di Initial Coin Offering. Possono essere definiti dei programmi di raccolta fondi per progetti che sviluppano criptovalute o software a esse connessi. Assomigliano, da questo punto di vista, ai programmi di crowdfunding. Ciò che distingue veramente le ICO dal crowdfunding, però, è la presenza dei token. Nei programmi di crowdfunding, agli investitori si promettono, in genere, servizi connessi all’oggetto del finanziamento. Per esempio, delle copie di un libro, se il progetto prevede la sua stesura.

Le ICO funzionano in modo diverso: gli investitori, oltre che delle promesse, ricevono in cambio qualcosa di “tangibile”, ovvero i token. Questi sono dei pacchetti che si trasformeranno in criptovaluta una volta che il progetto è andato a buon fine, ma che possono essere commerciati fin da subito, dando vita a una attività di trading che è allo stesso tempo parallela e anticipatoria di quella reale. A decidere quantità, distribuzione e prezzo dei token sono gli stessi organizzatori della ICO, sebbene il prezzo sia a volte soggetto fin da subito agli scambi. Spesso vengono offerti dei servizi aggiuntivi. Ad ogni modo, il panorama è molto eterogeneo, in quanto gli organizzatori possono scegliere piuttosto liberamente i benefit.

A ogni ICO è collegato un White Paper, ossia un documento, sovente disponibile in più lingue, che descrive obiettivi, caratteristiche e stime sul progetto. Esso, quindi, rappresenta la risorsa di valutazione più importante per gli investitori che vogliono investire in ICO.

Il contributo della FINMA

La FINMA è uno dei primi organismi di vigilanza ad aver “messo i puntini sulle i” delle ICO, offrendo una interpretazione del fenomeno che non è fine a se stessa, bensì utile ai fini burocratici, fiscali, legali. In buona sostanza, le deliberazioni di FINMA offrono un impianto normativo alle ICO svizzere il quale è, per quanto provvisorio, comunque effettivo. La FINMA, per inciso, è intervenuta ufficialmente il 16 febbraio, stilando un documento che riassume le risposte che nel corso del tempo ha fornito a coloro i quali chiedevano informazioni sull’assoggettamento delle ICO.

Perché proprio la FINMA? Non è un caso: la Svizzera è uno dei paesi che si pone con l’atteggiamento più favorevole alle tematiche crypto, guardando al fenomeno con interesse e non come se fosse (solo) una minaccia. Va considerato, poi, l’insieme di competenze maturate nel paese transalpino in termini di smart contract e di blockchain. Insomma, la Svizzera è una delle frontiere crypto, e ciò si è tradotto con l’interesse da parte della sua autorità di vigilanza.

Il documento di FINMA inizia con due preamboli.

Non esiste alcuna legislazione. La FINMA riconosce la totale assenza di una giurisdizione pertinente in fatto di ICO. Questo è un problema che, evidentemente, non riguarda solo l’ordinamento svizzero ma che, certo in misura diverse, coinvolge un po’ tutto il mondo.

Il panorama è troppo eterogeneo. L’altro presupposto della FINMA è il riconoscimento dell’estrema eterogeneità che coinvolge il mondo delle ICO e, di conseguenza, il mondo delle criptovalute. Una eterogeneità che, unita al deficit legislativo, esclude per ora la possibilità di tirare conclusioni generiche e astratte. In buona sostanza, l’unica possibilità attuale di regolamentazione risiede nella valutazione specifica, caso per caso.

A tal proposito, però, la FINMA ha deciso di fare un passo in avanti, conservando sì un approccio specifico e non generale, ma ampliando l’orizzonte. Tutto ciò si è tradotto nel disegno di un perimetro, ossia nell’individuazione di categorie di token, ognuna delle quali assoggettabile a un pezzo di ordinamento. Ecco le categorie individuate da FINMA.

ICO con token di pagamento

Le ICO appartenenti a questa categoria rilasciano dei token che possono essere utilizzati per pagare, almeno in astratto, beni e servizi. Tali token possono essere associate a semplice valuta, anzi… Criptovalute. Dunque, le ICO con token di pagamento sono ICO il cui prodotto “finito” è rappresentato esclusivamente dalle criptovalute.

La FINMA, alla luce di questa valutazione, ha deciso di assoggettare questi token alla sola Legge sul riciclaggio del denaro, trattandoli quindi come se fossero euro, dollari, sterline etc.

Tale associazione, però, viene meno nel caso in cui il token abbia caratteristiche di “prematurità”, ossia quando è rilasciato sotto forma di prevendita, non commerciabile ma solo acquistabile alla fonte. In questo caso, il token fa parte della terza categoria, che descriveremo più avanti.

ICO con token di utilizzo

Questo genere di ICO rilascia token che danno diritto all’accesso a servizi. Non a caso la FINMA ha ribattezzato questi token con il nome di “utility token”. Non possono essere considerato mezzo di pagamento perché non si trasformeranno mai in criptovalute vere e proprie. Inoltre, non possono essere considerati token di investimento poiché la loro funzione è pienamente e immediatamente espresso, e presente non solo in potenza. Un esempio di ICO con token di utilizzo potrebbe essere quella di Golem, i cui token funzionano da risorsa per l’accesso a una piattaforma di “super computer” decentralizzato

FINMA ha inteso assoggettare la categoria al mercato dei capitali tipico dei valori mobiliari. La normativa di riferimento, quindi, è esattamente quella.

ICO con token di investimento

Infine, l’ultima categoria. Ad essa appartengono le ICO che rilasciano token che rappresentano valori patrimoniali, quasi come se fossero un diritto di credito dell’investitore nei confronti degli organizzatori della ICO. La FINMA li paragona a una obbligazione, anche se rileva delle similitudini importanti anche con i prodotti derivati. Un esempio di ICO con token di investimento è quella di Bankera, i cui possessori hanno diritto a una percentuale dei profitti della società. Un fenomeno che assomiglia molto ai dividendi. Ovviamente, è possibile rivendere il token di Bankera, proprio come è possibile rivendere una azione (anche quando dà le cedole).

Il documento, infine, si conclude con l’indicazione delle informazioni minime da allegare alle domande di assoggettamento. Il documento di FINMA, che chiarisce il rapporto tra ICO (svizzere) e istituzione, è stato accolto favorevolmente da tutti, soprattutto da chi organizza e sviluppa le ICO. Non stupisce quindi che siano molte le società promotrici di ICO a fare riferimento al paese elvetico per le domande di assoggettamento, quindi per vedersi riconosciuti quali soggetti legittimamente operanti, e acquisire credibilità agli occhi degli investitori.

La Svizzera si pone ancora una volta in una posizione pionieristica. Non a caso, c’è chi parla di “Crypto Valley” in contrapposizione, e un po’ per scimmiottare, alla celebre Silicon Valley americana.

ftmo