Il prezzo del petrolio è suscettibile dei fattori esterni, siano essi economici o sociali, finanche politici. E’ necessario dunque gettare uno sguardo ben oltre le contrattazioni, per contestualizzare i movimenti dell’oro nero e sperare di intuire quelli futuri. L’espressione “sperare” può sembrare forte ma è pienamente giustificata. D’altronde, in quanto commodity più importante in assoluto, il petrolio sfugge spesso alle analisi e alle previsioni di lungo periodo.

Il prezzo sarà anche legato alle performance macroeconomiche, che possono essere in qualche modo stimate e previste. E’ però legato anche al clima politico e geopolitico, che sovente – per i non addetti ai lavori – assume un carattere decisamente caotico.

In questo articolo analizziamo i particolari movimenti del prezzo del petrolio dei primi giorni di agosto 2021, periodo interessante in quanto terreno di scontro tra due spinte di segno opposto, una ribassista e l’altra rialzista: la variante Delta e l’inasprirsi delle tensioni in Medio Oriente. 

La variante Delta e il prezzo del petrolio

La variante Delta non è solo una questione sanitaria. Questo è noto a tutti. D’altronde, un riacutizzarsi dell’emergenza, per giunta in modo esteso e trasversale ai continenti, può mettere in serio pericolo la ripresa economica, che pure procede abbastanza speditamente (almeno in Occidente). La stagione delle chiusure generalizzate è considerata da molti solo un ricordo, ma non è necessario un lockdown per imprimere alle economie una spinta al ribasso. E’ sufficiente, come pare possa accadere, una riduzione della mobilità delle persone tra paese e paese, tra continente e continente. 

Ora, la variante Delta ha iniziato a preoccupare globalmente a partire da luglio, quando la sua diffusione si è estesa oltre il Regno Unito e l’India, che inizialmente erano i paesi più colpiti. Tra la fine di luglio e l’inizio di Agosto, anzi, è stata rilevata anche in Cina, che ha sperimentato dopo tanto tempo un principio di trasmissione locale.

Un peggioramento della condizione epidemica globale a causa della Delta, non c’è dubbio, fungerebbe da spinta ribassista per il prezzo del petrolio. Annuncerebbe chiusure almeno parziali, una riduzione della mobilità e quindi un rallentamento delle economie. Ciò porterebbe, come logico, a un calo della domanda del petrolio e a una contrazione dei prezzi

Le tensioni in Medio Oriente e il prezzo del petrolio

Discorso diverso, ma ugualmente preoccupante, quello relativo alle tensioni in Medio Oriente. L’incidente del 3 agosto nel golfo di Oman ha infatti dimostrato che l’area non è del tutto tranquilla e che un passaggio fondamentale come quello dello stretto di Hormuz può essere rallentato da scontri improvvisi e da eventi molto ambigui. Per inciso, nella giornata del 3 agosto sei petroliere hanno dichiarato di aver perso il controllo, in quanto presumibilmente attaccate da forze sconosciute e una sarebbe stata addirittura sequestrata da uomini armati.

La questione è fondamentale in quanto da quelle parti passa ben il 40% del petrolio a livello mondiale. L’acuirsi di tensioni in quell’aria suggerirebbe delle difficoltà di approvvigionamento paragonabili all’incidente di Suez di dicembre 2020, con importanti ripercussioni sul prezzo del petrolio. Ripercussioni in senso rialzista, sia chiaro (stiamo parlando di una contrazione forzata dell’offerta).

Il prezzo del petrolio oggi

Dunque, in questo periodo (primi di agosto 2021) il prezzo del petrolio sta subendo due pressioni. Da un lato quelle ribassiste, esercitate dalla variante Delta e dalla prospettiva di nuove difficoltà economiche; dall’altro quelle rialziste, esercitate dalle prospettive di disagi in Medio Oriente, e per la precisione in una fondamentale area di passaggio dell’oro nero.

Quale delle due spinte avrà la meglio? Non è dato saperlo. Tuttavia, fin qui sembra che stia prevalendo la spinta ribassista. D’altronde, il pericolo Delta è percepito come più vicino e più imminente, senza considerare l’elemento psicologico connesso a un riacutizzarsi dei contagi. E’ pleonastico dire che “non se ne può più”, e non solo da un punto di vista meramente finanziario.

A dimostrare questa dinamica, le pessime performance del prezzo del petrolio. Dopo i picchi raggiunti rispettivamente il 30 luglio e il 29 luglio, il Brent e il WTI sono entrati in una spirale ribassista. Dopo qualche giorno, ovvero all’alba del 4 agosto, il Brent sfiorava quota 70 dollari (partiva da 76 circa) e il WTI si avvicinava a quota 68 (partiva da 74 circa).