Il prezzo del petrolio è dato in forte discesa. D’altronde non potrebbe essere altrimenti, vista la riduzione della domanda cinese causata dall’epidemia di coronavirus. Tuttavia, nella giornata del 4 febbraio, in maniera inaspettata, il petrolio ha dato segni di vitalità, rimbalzando in modo significativo. Cosa sta succedendo? Perché il petrolio è andato contro le stime degli analisti e le logiche del buonsenso?

Ne parliamo in questo articolo, rivelando il vero motivo del rimbalzo del petrolio, ma spiegando anche perché il rimbalzo potrebbe non avrete seguito.

Il petrolio in trend discendente a causa del Coronavirus

Le quotazioni del petrolio, e in particolare del Brent e del WTI, è molto sensibile alle prestazioni dell’economia reale. D’altronde, l’oro nero è utilizzato soprattutto nelle attività produttive, come energia e carburante per le macchine. Non è un caso, dunque, che a una crisi economica segua sembra un crollo del prezzo del petrolio. L’esempio più emblematico è stato fornito dalla crisi economica del 2008, e in particolar modo della reminiscenza post 2011, quando l’oro nero ha sfiorato i 30 dollari al barile.

Sicché nessuno si è realmente stupito quando, a partire da metà gennaio, il prezzo del petrolio si è immerso in un trend discendente. L’epidemia del coronavirus, dichiarata “emergenza globale” solo dopo un paio di settimane dall’esplosione del caso, ha costretto la Cina a una forte limitazione degli scambi e intere province, tra le più ricche per giunto, a instaurare una sorta di auto-quarantena. Ne è conseguito un forte crollo della domanda e, di conseguenza, del prezzo.

Fare previsioni è complicato. In primis perché prevedere senza margine di incertezza l’andamento di un qualsiasi asset è tecnicamente impossibile. Secondariamente, perché si sa ancora poco del coronavirus, dunque è difficile capire quando l’epidemia terminerà e quale sarà il suo bilancio finale. Certamente, la Cina – forse con un po’ di ritardo – ha messo la lotta al virus in cima alle sue priorità, costi quel che costi, a prescindere dalle conseguenze per l’economia nazionale.

Cosa è accaduto il 4 febbraio

Il 4 febbraio è accaduto un evento abbastanza strano, viste le premesse. Le quotazioni del petrolio, date in trend discendente, hanno compiuto un certo rimbalzo. Certo non poderoso, e per nulla in grado di recuperare le perdite degli ultimi giorni (e del -20% in un mese). Tuttavia, più che sufficiente per instillare qualche dubbio negli investitori, a stimolare qualche riflessione, a intaccare  le certezze del breve periodo.

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Nello specifico, il 4 febbraio il Brent è passato da 54,07 dollari a 55,36 dollari nel giro di 12 ore. Il WTI, invece, è passato da 49,89 dollari a 51,4 dollari nello stesso lasso di tempo dal. Un aumento in media superiore al 2%. Di norma questo piccolo balzo non dovrebbe destare sorprese, ma in questo contesto qualche curiosità l’ha provocata. Perché il petrolio, nonostante la crisi innescata dal coronavirus, e senza novità sostanziali su questo fronte, è aumentato di prezzo? Soprattutto, tale aumento è estemporaneo o è piuttosto il segnale che qualcosa sta cambiando?

A quest’ultima domanda ha risposto il mercato, dal momento che poi il petrolio ha leggermente ritracciato, ma il dubbio comunque rimane.

Le ragioni del rimbalzo del petrolio

In realtà potrebbe esserci un motivo dietro all’aumento inatteso del Brent e del WTI. Niente che possa sconvolgere gli equilibri, niente che possa modificare un quadro decisamente tendente al ribasso, ma che comunque richiede una certa attenzione, soprattutto in vista dei movimenti futuro.

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Ad ogni modo, il piccolo balzo (poi leggermente ritracciato) potrebbe essere stato causato dall’OPEC, ovvero dalla convocazione di una riunione d’emergenza che è stata pubblicata proprio il 4 febbraio. Tra parentesi, la riunione d’emergenza affronterà proprio il tema del coronavirus, che appunto rischia di mettere in ginocchio le quotazioni del petrolio, e oscurare altri fattori rialzisti, come i disordini in Libia e la crescita della tensione tra Iran e Stati Uniti.

Nello specifico, gli investitori potrebbero aver reagito alle ipotesi di un taglio alla produzione. Niente è stato dichiarato in merito, sia chiaro, è tutto di là da venire, ma la prospettiva potrebbe essere esattamente questa. Ad alimentare questa ipotesi potrebbero essere state previsioni come quella di Margaret Yang, analista di CMC Markets, che appunto stima un taglio di 500 milioni di barili, che è una quantità non di poco conto.

Di certo, se tale taglio avrà luogo, e non è affatto scontato visti gli interessi nazionali in ballo, allora il petrolio potrebbe arrestare o rallentare la discesa, se non addirittura porsi in un trend leggermente rialzista.