La recente diffusione delle criptovalute anche presso la gente comune inquieta le istituzioni finanziarie italiane. E’ quanto emerge da una nota congiunta pubblicata da Banca d’Italia e Consob, che non sono solite a dichiarazioni di questo tipo. Dichiarazioni comunque interessanti, che da un lato suggeriscono il modo in cui le criptovalute sono percepite dalle autorità, e dall’altro fanno luce su effettive (e pericolose) ambiguità del mondo crypto.

Ma procediamo con ordine, presentando la nota congiunta di Banca d’Italia e Consob, e cercando contestualmente di leggere tra le righe. 

La nota congiunta di Consob e Banca d’Italia

La nota congiunta non è altro che un richiamo alla collettività, l’invito a cogliere dei campanelli d’allarme. Nello specifico, si ricorda che le criptovalute sono asset estremamente rischiosi e che possono portare a una perdita ingente di capitale. Anzi, nella nota viene agitato lo spauracchio della “perdita totale”, ovvero dell’esaurimento del capitale.

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Viene poi fatto riferimento a una nota simile pubblicata dalle istituzioni europee, ovvero Eba, Esma e Eiopa, ad avvalorare la tesi del pericolo-criptovalute. Insomma, il quadro che emerge presenta delle tinte davvero fosche, e si inserisce in un contesto caratterizzato dall’ennesima ribalta delle criptovalute, questa volta cagionata sia da eventi positivi (la quotazione di Coinbase) sia da eventi negativi (la pesante correzione del Bitcoin). 

Ma perché le criptovalute dovrebbero essere temute dagli investitori? Perché sono pericolose? Secondo le due autorità italiane i motivi sono chiari, evidenti, inconfutabili.

In primis viene citata l’estrema volatilità delle criptovalute, e l’ambiguità dei meccanismi con cui si formano i prezzi. D’altronde, è sufficiente dare un’occhiata ai grafici di medio periodo per realizzare la veridicità di questa affermazione. Le oscillazioni del Bitcoin, e in generale delle criptovalute, non hanno eguali nel mercato.

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Si cita, poi, l’assenza di un quadro normativo degno di questo nome. Anche in questo caso, c’è poco da dire: la normativa è deficitaria e pone in essere un pericolo per gli investitori. Viene addotto, a motivo di preoccupazione, anche il rischio di malfunzionamenti informatici delle piattaforme, suscettibili ad attacchi hacker in grado di mettere a repentaglio diretto i portafogli digitali. 

Infine, la nota parla della carenza informativa. Gli operatori crypto, infatti, non sono tenuti alla trasparenza che, di contro, contraddistingue per definizione altri mercati. Pensiamo solo all’azionario, che vincola le società emittenti alla pubblicazione di specifiche informazioni circa il proprio stato patrimoniale e le proprie performance economiche. 

Perché la nota congiunta non deve stupire

Insomma, le criptovalute secondo Consob e Banca d’Italia sarebbero pericolose. Occorre però fare una precisazione, o per meglio dire una riflessione su questa nota congiunta. In primo luogo, pur rivelando un intento nobile, non dice niente di nuovo, non aggiunge nulla al patrimonio di conoscenze che un investitore razionale dovrebbe possedere. Volatilità, deficit di normative, problemi strutturali delle piattaforme… Sono tutti elementi che caratterizzano da sempre il mondo delle criptovalute. Anzi, se proprio si intende individuare il proverbiale pelo nell’uovo, le condizioni sono più “umane” oggi di quanto non lo fossero qualche tempo fa. D’altronde, anche il mondo crypto si evolve, e lo sta facendo nel segno di una progressiva, benché spesso lenta e incostante, “normalizzazione”.

L’allarme di Banca d’Italia e Consob è quindi ingiustificato? Assolutamente no. La nota congiunta contiene solo verità, benché il richiamo alla perdita totale possa far storcere il naso a qualcuno ed essere tacciata di catastrofismo. 

In realtà, occorre guardare al testo dalla giusta prospettiva. In parole povere, occorre capire a chi stiano realmente parlando la Consob e la Banca d’Italia. All’apparenza, a tutti. In realtà, solo alla gente “comune”, ai piccoli risparmiatori, a chi si sente irretito e incuriosito dalle performance delle criptovalute.

In particolare a coloro che si dimostrano indebitamente ricettivi nei confronti di messaggi fuorvianti, che pure abbondano. Messaggi che assegnano alle criptovalute un significato che non hanno, di una svolta assicurata per le proprie finanze. D’altronde, di messaggi di questo tipo, in bilico tra lecito e illecito, tra amoralità e immoralità, sono sempre più numerosi. 

Il pericolo che queste categorie di individui possano buttarsi a capofitto e imprudentemente nel mondo crypto è tutt’altro che teorico, come tutt’altro che teoriche sono le conseguenze cui andrebbero incontro. 

Di certo, i destinatari del messaggio non sono gli investitori attenti, coloro che hanno già esperienza alle spalle e una formazione adeguata (non necessariamente riguardante le criptovalute).