Se temete per i vostri investimenti, se pensate che la crisi causata dal coronavirus intacchi i vostri risparmi, non avete tutti i torti. Le crisi fanno male, spesso colpiscono a casaccio, ancora più spesso colpiscono chi non ha saputo immaginarle e dotarsi degli strumenti necessari a opporvi resistenza.

Perché sopravvivere finanziariamente alle crisi è possibile, basta sapere come fare. No, non stiamo parlando di trucchetti da prestigiatore, non c’è nessuna bacchetta magica che possa proteggerci. Accorgimenti strategici da mettere in campo per ridurre o evitare le perdite però quelle sì, ci sono.

Il primo è puntare al lungo periodo. Se si guarda all’oggi e a ieri, le crisi fanno paura. Se però si adopera il grandangolo si scopre che anche le crisi più brutte sono state assorbite dal tempo. Dopo qualche anno, quello che doveva essere recuperato è stato recuperato. Dunque, è lui il migliore alleato: il tempo. E l’unico modo per porlo dalla propria parte è produrre investimenti a lungo termine.

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Il secondo accorgimento è adoperare il buon senso. Può sembrare il classico consiglio della nonna, ma la maglietta della salute questa volta non c’entra. Si tratta semplicemente di evitare qualsiasi comportamento scellerato, di rinunciare ai passi più lunghi della gamba, non importa quanto lontano possano portare. Insomma, usare il buon senso vuol dire non essere avidi, bensì equilibrati. Attendere, più che lanciarsi a capofitto in un investimento solo perché in quel momento appare profittevole. Il rischio è che sia un’illusione dettata dalle dinamiche della crisi, e che il movimento adocchiato si riveli l’anticamera di un pesante ritracciamento.

Il terzo accorgimento è di natura prettamente tecnica… E filosofica. Occorre rispettare il diktat di Socrate: conosci te stesso. Declinato nel mondo degli investimenti suona un po’ come “conosci la tua propensione al rischio”. Esistono investitori e investitori, alcuni sono in grado di sopportare la pressione di un impegno a lungo termine, altri meno; alcuni hanno una buona capacità finanziaria; altri no. Soprattutto, alcuni hanno tanti anni davanti, altri ne hanno di meno. Un giovane che ha appena iniziato a lavorare, per esempio, ha una propensione al rischio maggiore: uno, perché si presuppone che non abbia ancora formato un nucleo familiare, dunque deve sostenere minori spese; due, perché può sempre recuperare eventuali perdite, avendo davanti a sé una trentina d’anni di lavoro.

Conoscere se stesso, la propria propensione al rischio, vuol dire individuare la propria categoria d’appartenenza, e seguire il più possibile il protocollo relativa ad essa. Due strumenti, l’individuazione della propensione al rischio e la prassi a essa relativa, che combinati offrono buoni risultati in una prospettiva di protezione del capitale… Sì, anche in tempi di crisi.