La FED ha introdotto di recente alcune nuove regole circa le attività di trading. Quando un policy maker di questa stazza si muove, i trader sono sempre in allerta. Non è facile adeguarsi in corsa a nuove disposizioni, e c’è sempre il timore che le nuove norme possano compromettere le prospettive di guadagno di una fetta di investitori, quasi come fosse uno sgradevole effetto collaterale di provvedimenti che in linea teorica dovrebbero “fare bene al mercato”.

In questo articolo parliamo delle nuove regole che la Fed ha diramato a cavallo tra ottobre e novembre 2021. Soprattutto, parleremo delle eventuali conseguenze per i trader retail.

Cosa ha deciso la FED

Partiamo con le buone notizie: le regole della FED non riguardano tutti i trader, non in maniera diretta almeno. A dire il vero, riguardano una piccolissima parte dei trader, ovvero quelli che in contemporanea detengono un ruolo di responsabilità presso la Federal Reserve stessa. 

In buona sostanza:

  • Vengono vietati gli acquisti di singoli titoli.
  • Viene limitato il trading attivo.
  • I movimenti devono essere segnalati per tempo.

Di certo, il provvedimento più particolare è il secondo, ovvero le limitazioni del trading attivo. Come si intende per trading attivo? Ebbene, l’espressione non indica un’attività di trading generalmente corposa, bensì un approccio specifico. Ovvero, l’approccio che vede l’acquisto e la vendita a stretto giro, con il fine di speculare sui piccoli movimenti di prezzo. In buona sostanza, la FED intende fornire un freno alle speculazioni estreme, quando queste provengono da personale della FED stessa.

In particolare, i titoli dovranno essere detenuti per almeno un anno. Inoltre, le operazioni devono essere rese note con un preavviso di 45 giorni.

Che senso hanno queste nuove regole? Lo scopo è chiaro, benchè non esplicitamente dichiarato: evitare che alcune mele marce all’interno della Fed utilizzano la loro posizione privilegiata e – probabilmente – l’accesso a un maggior quantitativo di informazioni per guadagnare “alle spalle” del mercato e magari danneggiare la banca centrale stessa.

Non è un caso che la Fed si sia mossa solo ora. A pesare, le indiscrezioni circa le attività di trading di due personaggi importanti: il presidente della FED Dallas Robert Kaplan e il presidente della FED Boston Eric Rosengren. Indiscrezioni pesanti, se si considera che hanno portato alle loro dimissioni. 

Cosa cambia per i trader retail?

Cambia qualcosa per i trader retail? Più no che sì. D’altronde, i destinatari delle nuove regole rappresentano una quota infinitesimale di trader, appartengono a una élite ristretta. Stiamo parlando dei responsabili che operano nella FED. 

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In maniera indiretta, però, queste decisioni potrebbero avere un impatto anche nella grande massa dei trader retail.

In buona parte, perché si trattano di regole atte a prevenire distorsioni di mercato. Pensar male è peccato, ma ci si azzecca spesso diceva qualcuno. Dunque, è lecito immaginare che l’attività di trading altamente speculativo di chi potrebbe aver accesso a informazioni significative, e in anticipo, possa in qualche modo compromettere la trasparenza del mercato, se non addirittura invalidare parte delle analisi. 

Non stiamo parlando esattamente di insider trading, ma poco ci manca. Di certo, non è una partita ad armi pari.

La FED, limitando le attività di trading da parte dei suoi dipendenti (di un certo rango almeno) punta proprio a evitare fenomeni spiacevoli.

Ovviamente, è anche una questione di immagine. Come dichiarato dal presidente Jerome Powell. la FED vuole dare addio ai cattivi esempi. “Queste nuove e dure regole alzano l’asticella al fine di assicurare al pubblico che ci aspettiamo che tutti i nostri alti funzionari mantengano un focus univoco sulla missione pubblica della Federal Reserve”.

La notizia, a dire il vero, è passata un po’ in sordina. D’altronde, pesanti nuvole si stagliano all’orizzonte. In particolare, la FED è attualmente impegnata nel trovare un compromesso tra i pericoli inflattivi, che spingerebbero verso un inasprimento radicale delle politiche monetarie, e la necessità di sostenere la ripresa – ancora non del tutto completata – che invece suggerisce una certa morbidezza delle stesse.