Le elevate tariffe doganali imposte dagli Stati Uniti sui prodotti cinesi stanno spingendo Pechino a incentivare le aziende esportatrici a reindirizzare le proprie merci verso il mercato interno. Tuttavia, questa strategia rischia di innescare una pericolosa spirale deflazionistica nella seconda economia mondiale.
La risposta cinese alle tariffe USA: puntare sul mercato interno
Supporto governativo e coinvolgimento dei colossi dell’e-commerce
Per mitigare l’impatto delle tariffe statunitensi, il governo cinese ha invitato le amministrazioni locali e le grandi aziende a sostenere gli esportatori nel vendere i loro prodotti sul mercato domestico. Tra i principali attori coinvolti figurano giganti dell’e-commerce come JD.com, Tencent e Douyin, la versione cinese di TikTok.
JD.com, ad esempio, ha stanziato circa 200 miliardi di yuan (circa 28 miliardi di dollari) per aiutare gli esportatori colpiti dalle tariffe, creando una sezione dedicata sulla propria piattaforma con sconti fino al 55% su prodotti inizialmente destinati agli Stati Uniti.
Effetti collaterali: guerra dei prezzi e margini ridotti
Tuttavia, questa strategia sta generando una feroce competizione interna tra le aziende cinesi. Secondo Yingke Zhou, economista senior presso Barclays Bank, l’afflusso massiccio di merci scontate sul mercato interno sta comprimendo significativamente i margini aziendali, mettendo a rischio la redditività e l’occupazione.
Dati economici preoccupanti: deflazione in aumento
Calo persistente degli indici dei prezzi al consumo e alla produzione
Dopo aver oscillato appena sopra lo zero nel biennio 2023-2024, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) cinese è sceso in territorio negativo per due mesi consecutivi a febbraio e marzo. Ancora più preoccupante è la situazione dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI), che ha registrato un calo del 2,5% su base annua a marzo, segnando il ventinovesimo mese consecutivo di contrazione.
Secondo gli analisti di Morgan Stanley, la deflazione dei prezzi all’ingrosso potrebbe peggiorare ulteriormente ad aprile, raggiungendo un calo del 2,8% rispetto al 2,5% registrato a marzo.
Previsioni economiche negative per il 2025
Goldman Sachs prevede che nel 2025 il CPI cinese si attesterà intorno allo 0%, rispetto alla crescita dello 0,2% registrata nel 2024. Il PPI dovrebbe invece diminuire dell’1,6%, dopo un calo del 2,2% nell’anno precedente. Shan Hui, capo economista per la Cina presso Goldman Sachs, sottolinea che i prezzi dovranno necessariamente scendere ulteriormente affinché il mercato interno possa assorbire l’eccesso di offerta creatosi con la perdita del mercato statunitense.
Goldman Sachs stima inoltre una crescita del PIL reale cinese limitata al 4% nel 2025, inferiore all’obiettivo ufficiale fissato da Pechino intorno al 5%.
L’impatto della guerra commerciale sull’occupazione e sulle PMI cinesi
Aumento della disoccupazione nelle regioni dipendenti dall’export
L’amministrazione Trump ha portato le tariffe sui beni importati dalla Cina fino al livello record del 145%, provocando una risposta simmetrica da parte di Pechino con dazi fino al 125%. Queste misure hanno drasticamente ridotto gli ordini provenienti dagli Stati Uniti e stanno mettendo sotto pressione milioni di posti di lavoro in Cina.
Secondo Shan Hui di Goldman Sachs, circa 16 milioni di lavoratori cinesi, pari a oltre il 2% della forza lavoro nazionale, sono impiegati nella produzione destinata agli Stati Uniti. Wang Dan, direttrice per la Cina presso Eurasia Group, prevede che il tasso medio di disoccupazione urbana raggiungerà quest’anno il 5,7%, superando così l’obiettivo ufficiale del governo fissato al 5,5%.
Difficoltà crescenti per le piccole e medie imprese (PMI)
L’eliminazione recente della regola “de minimis“, che consentiva alle aziende cinesi come Shein e Temu di spedire negli USA pacchi di basso valore senza pagare dazi doganali aggiuntivi, sta aggravando ulteriormente la situazione finanziaria delle PMI cinesi. Molte piccole imprese rischiano ora l’insolvenza a causa della riduzione drastica dei flussi di cassa.
Pechino dispone ancora di strumenti per stimolare l’economia
Cautela delle autorità cinesi nell’attuare misure espansive
Sebbene molti analisti chiedano interventi più decisi da parte del governo cinese per contrastare la deflazione e sostenere la domanda interna, Pechino sembra intenzionata ad attendere segnali più concreti prima di utilizzare pienamente le proprie risorse fiscali e monetarie.
Ting Lu, capo economista per la Cina presso Nomura, sottolinea che l’economia cinese si trova ora ad affrontare contemporaneamente due grandi sfide: la crisi immobiliare interna e le pesanti tariffe statunitensi. Nonostante ciò, secondo Wang Dan dell’Eurasia Group, le autorità non considerano ancora la deflazione come una crisi immediata; piuttosto vedono i bassi prezzi come un’opportunità temporanea per sostenere il risparmio delle famiglie durante questa fase delicata di transizione economica.
Pechino pronta ad agire se necessario
Justin Yifu Lin, professore presso l’Università di Pechino ed esperto economico influente in Cina, ritiene che Pechino abbia ancora ampi margini d’intervento attraverso politiche fiscali mirate e misure monetarie espansive per rafforzare il potere d’acquisto interno. Lin sostiene inoltre che gli Stati Uniti potrebbero subire conseguenze più pesanti rispetto alla Cina nel breve periodo: mentre Pechino può contare su capacità produttive già consolidate, Washington avrà bisogno almeno di uno o due anni per riportare in patria parte della produzione manifatturiera persa con questa guerra commerciale.