Accordo temporaneo sui dazi tra Stati Uniti e Cina
Lunedì, attraverso una dichiarazione congiunta, Stati Uniti e Cina hanno annunciato una significativa riduzione dei dazi commerciali. Questa notizia positiva è stata accolta con entusiasmo dai mercati, che hanno registrato un forte rialzo degli indici azionari. Tuttavia, questa pausa temporanea non elimina l’incertezza di fondo e il rischio di recessione rimane elevato per l’economia statunitense. Dopo un weekend di negoziati a Ginevra, le due potenze hanno raggiunto un accordo: i dazi statunitensi sui prodotti cinesi verranno ridotti dal 145% al 30%, mentre i dazi cinesi sui prodotti americani scenderanno dal 125% al 10%. Queste misure entreranno in vigore mercoledì per un periodo di 90 giorni. L’annuncio ha provocato un’impennata degli indici azionari. Lunedì, l’EuroStoxx è salito di oltre l’1,5%, mentre l’S&P 500 ha guadagnato più del 3%. Sebbene l’incontro in Svizzera fosse considerato un primo passo verso la de-escalation, gli investitori sono rimasti sorpresi dalla rapidità dell’accordo e dal livello di riduzione dei dazi. È come se tre mesi di escalation fossero stati cancellati in soli tre giorni.
Salire le scale e scendere con l’ascensore: cronologia della guerra commerciale
Tutto è iniziato all’inizio di febbraio, pochi giorni dopo l’insediamento di Donald Trump, con l’imposizione di un dazio del 20% sui prodotti cinesi, presentato come “dazio sul fentanyl”, dal nome dell’oppioide sintetico che sta devastando gli Stati Uniti e per il cui traffico l’amministrazione Trump accusa la Cina di non fare abbastanza. Una nuova soglia è stata superata con l’annuncio di dazi reciproci il 2 aprile. Quel giorno, il presidente americano ha aumentato i dazi sui prodotti cinesi al 54% (20% da febbraio + 34% di dazi reciproci). Nei giorni successivi, varie misure di ritorsione hanno portato i dazi statunitensi sui prodotti cinesi al 145% e i dazi cinesi sui prodotti americani al 125%. L’escalation è terminata il 12 aprile, quando la Cina ha aumentato i suoi dazi al 125%, dichiarando: “All’attuale livello di dazi, i prodotti statunitensi esportati in Cina non sono accettati dal mercato. Se gli Stati Uniti continuano a giocare con i numeri, la Cina non ne terrà conto.” La Cina riconosceva che questi livelli tariffari stavano effettivamente bloccando il commercio tra i due paesi. Ciò ha portato alla concessione di esenzioni da entrambe le parti su determinati prodotti (smartphone e computer dal lato statunitense). Dopo settimane di speculazioni su quale delle due superpotenze sarebbe stata più colpita, la principale lezione da trarre dall’accordo di ieri è che i livelli tariffari raggiunti erano insostenibili per entrambe le parti.
Una tregua che non elimina l’incertezza
Questo episodio è tutt’altro che concluso, poiché Stati Uniti e Cina hanno concordato solo una pausa di 90 giorni. Nel frattempo, l’incertezza rimane elevata per le aziende americane, che non sanno quale sarà l’esito finale per i dazi. E, finché questa incertezza persiste, potrebbero essere tentate di congelare investimenti e assunzioni, tendenza che iniziamo a vedere in alcuni dati. Sebbene l’allentamento della guerra commerciale USA-Cina sia ovviamente una buona notizia, l’economia statunitense non è necessariamente fuori pericolo. Dall’inizio dell’anno e dai successivi annunci sui dazi, la probabilità di una recessione negli Stati Uniti è aumentata significativamente, e i sondaggi mostrano un deterioramento del sentiment sia tra le imprese che tra le famiglie. Tuttavia, in questa fase, i dati concreti (consumi, occupazione, ecc.) rimangono resilienti.
Interpretazione complessa dei dati economici
Questi dati sono complicati da interpretare a causa dei continui cambiamenti di politica dell’amministrazione Trump e del loro impatto sulle aspettative di imprese e famiglie. Ad esempio, le aziende statunitensi hanno accumulato grandi scorte nel primo trimestre (importando il maggior numero possibile di prodotti dalla Cina prima dell’entrata in vigore dei dazi), il che spiega la contrazione del PIL nel primo trimestre. Nei prossimi mesi, i dati potrebbero essere ulteriormente distorti da questi fenomeni di accumulo e riduzione delle scorte. Ad aprile, le spedizioni dalla Cina agli Stati Uniti sono diminuite del 21% a causa dei dazi a tre cifre. E con l’avvicinarsi della fine del periodo di pausa (metà agosto), potremmo assistere a un’altra accelerazione delle importazioni dalla Cina. Per i consumatori, i forti dati sui consumi del primo trimestre riflettono anche l’anticipazione di alcuni acquisti (di beni durevoli), che potrebbe portare a un rallentamento piuttosto meccanico nel secondo trimestre.
Implicazioni per la politica monetaria della Fed
Questa situazione rafforza l’atteggiamento attendista della Federal Reserve, che desidera più dati per ottenere “maggiore chiarezza”. Tuttavia, come abbiamo appena spiegato, le prossime cifre saranno senza dubbio in qualche modo distorte. La conclusione che si può trarre da tutto questo è che la Fed aspetterà più a lungo prima di tagliare i tassi, rischiando di mantenere una politica monetaria restrittiva per troppo tempo. È anche ciò che il mercato sta anticipando, poiché il prossimo taglio dei tassi è ora previsto per settembre. E da qui alla fine dell’anno, sono previsti solo due tagli di 25 punti base.