La vittoria legale di Google scuote Wall Street
I mercati finanziari hanno accolto con entusiasmo la decisione del tribunale di Washington che permette a Google di mantenere il browser Chrome, provocando un balzo del 7% delle azioni di Alphabet nelle prime ore di contrattazione. La sentenza, che richiede solo la condivisione di alcuni segreti commerciali con i concorrenti, rappresenta un compromesso pragmatico che allontana lo spettro dello smembramento dei giganti tecnologici. Il rally non si è limitato ad Alphabet: anche Apple ha beneficiato della notizia, considerando i miliardi di dollari che Google versa annualmente per mantenere la sua posizione di motore di ricerca predefinito su Safari. I futures su S&P 500 e Nasdaq puntano al rialzo, riflettendo un nuovo approccio antitrust più orientato alla regolamentazione che alla frammentazione delle big tech.
Il mercato del lavoro sotto i riflettori della Fed
Mentre l’euforia per la sentenza Google anima le contrattazioni, l’attenzione degli investitori si sposta rapidamente sui dati cruciali del mercato del lavoro americano. Il rapporto JOLTS sulle aperture di posti di lavoro, atteso in giornata, e il report sui nonfarm payrolls di fine settimana rappresentano gli indicatori chiave che influenzeranno le decisioni della Federal Reserve. Jerome Powell, presidente della Fed, ha recentemente evidenziato segnali di “debolezza” nel mercato del lavoro, un fattore determinante per la decisione sui tassi d’interesse prevista per il 17 settembre. Ogni dato verrà scrutinato con attenzione per capire se la banca centrale americana adotterà un approccio più accomodante o restrittivo.
Rendimenti obbligazionari in tensione
I rendimenti dei Treasury a lunga scadenza continuano la loro danza irregolare, con il trentennale che ha sfiorato la soglia psicologica del 5%. Un livello che fa tremare anche i gestori di portafoglio più esperti, alimentato da preoccupazioni fiscali, incertezze tariffarie e dalla generale imprevedibilità della governance americana.
Settembre: il mese più temuto di Wall Street
La storia insegna che settembre è tradizionalmente il peggior mese dell’anno per i mercati azionari. Dal 2000, l’S&P 500 ha registrato una perdita media dell’1,5% durante questo periodo, un dato che induce i trader ad approcciare queste settimane con estrema cautela. Nonostante alcuni segnali positivi – Macy’s in rialzo del 10% grazie a previsioni ottimistiche e Dollar Tree che beneficia dell’appeal del risparmio – il sentiment generale rimane improntato alla prudenza. Secondo PwC, i consumatori americani si preparano al calo più marcato della spesa natalizia dal periodo pandemico.
Europa sotto pressione: rendimenti in ascesa
Il vecchio continente non è immune alle turbolenze. I mercati azionari europei stanno scivolando, con il DAX di Francoforte che ha ceduto i guadagni come un giocatore d’azzardo in una serie negativa. Ma è il mercato obbligazionario a destare le maggiori preoccupazioni. I rendimenti stanno salendo da Parigi a Washington come edera rampicante, avvolgendo deficit già sovradimensionati. La Francia ora paga più della Grecia per finanziarsi, i gilt britannici trentennali toccano massimi storici, e persino gli Stati Uniti flirtano con costi di interesse che rendono le cifre trilionarie allarmantemente routinarie.
Il paradosso delle politiche fiscali
Dietro questa tempesta si cela un paradosso familiare: gli investitori che prima temevano i dazi per il loro effetto inflazionistico, ora temono la loro cancellazione per l’impatto sulle entrate fiscali. Il progetto fiscale dell’amministrazione Trump poggia su una formula precaria: spremere i partner commerciali per ottenere liquidità mentre si spinge la Fed verso tassi più bassi. L’aritmetica è spietata: se i rendimenti dei Treasury decennali non scenderanno verso il 3,25%, i pagamenti degli interessi continueranno a gonfiarsi, indipendentemente dalle promesse di disciplina fiscale della Casa Bianca.
Asia-Pacifico in territorio negativo
I mercati azionari dell’area Asia-Pacifico proseguono il loro declino. Il Nikkei giapponese cede lo 0,9%, mentre Hong Kong e Shanghai perdono rispettivamente lo 0,6% e l’1%. L’India rimane piatta, con Corea del Sud e Taiwan che registrano modesti guadagni. L’Australia soffre particolarmente: l’ASX 200 crolla dell’1,85%, appesantito dai settori bancario, immobiliare, industriale e tecnologico. Il PIL del secondo trimestre australiano, seppur leggermente superiore alle attese, segna la crescita annuale più debole dagli anni ’90.
L’oro brilla mentre i bond tremano
In questo scenario di incertezza, l’oro continua la sua ascesa mentre le azioni globali mostrano segni di cedimento. I detentori di obbligazioni mondiali scrutano ogni comunicato stampa nella speranza che qualcuno, da qualche parte, abbia ancora un piano credibile per gestire questa complessa situazione finanziaria. Le banche centrali rimangono i riluttanti guardiani della credibilità in un mondo dove le certezze scarseggiano e la volatilità regna sovrana.