Il commodity trading è spesso considerato una branca del trading piuttosto “brutale”: si acquistano e si vendono beni fisici come petrolio, oro, grano o caffè; si reagisce a eventi geopolitici, climatici o macroeconomici – piuttosto che ai semplici indicatori.
Ragione per cui, si tratta di un’attività molto più complessa di quanto possa apparire. Non è sufficiente conoscere l’andamento storico di una materia prima o seguire le notizie del settore. Bisogna considerare variabili spesso non immediatamente evidenti, che aumentano a dismisura il coefficiente di difficoltà.
Ne parliamo qui. Offriremo una panoramica sul commodity trading, metteremo in evidenza le principali insidie che possono mettere in difficoltà un trader alle prime armi e proporremo alcuni strumenti utili per affrontare questo particolare comparto con maggiore consapevolezza.
Una panoramica sul commodity trading
Iniziamo da qualche informazione di carattere generale e rispondiamo alla domanda: cos’è il commodity trading?
Con questa espressione si intende la compravendita di materie prime attraverso mercati regolamentati. Esse si dividono in due grandi categorie: soft (come cacao, zucchero, grano, caffè) e hard (come petrolio, gas naturale, oro, metalli industriali).
Chiaramente, gli asset più scambiati sono quelli che rivestono un ruolo strategico a livello globale. Il petrolio, ad esempio, che si pone al centro delle dinamiche energetiche mondiali. E ancora l’oro, che è considerato un bene rifugio in tempi di incertezza economica.
Molti trader operano su queste asset class attraverso contratti futures o CFD, che permettono di sfruttare la leva finanziaria, di prendere posizione sia al rialzo sia al ribasso e soprattutto di non dover detenere la materia prima (il che sarebbe troppo complesso).
Al di là di ciò, il commodity trading impone una certa analisi sui tempi e sui modi. A differenza di altri mercati, quello delle materie prime è infatti soggetto a forti stagionalità e a dinamiche cicliche. Per esempio, i prezzi del grano tendono a seguire i cicli agricoli, mentre quelli del gas naturale sono sensibili alla domanda invernale.
Le insidie del commodity trading
Entriamo nel nocciolo della questione e parliamo delle insidie, dei rischi strutturali. Nel commodity trading non mancano di certo, soprattutto per chi è agli inizi. Alcuni rischi sono comuni ad altre forme di trading, ma altri sono peculiari delle materie prime. Ma ecco le più rilevanti.
Volatilità estrema
La prima insidia è rappresentata dalla forte volatilità. Le materie prime possono registrare oscillazioni molto ampie anche in tempi brevi. Le cause sono molteplici: eventi geopolitici, condizioni climatiche, decisioni OPEC, rapporti USDA, scioperi nei porti o variazioni nelle scorte.
La volatilità può generare ampi profitti, ma anche perdite repentine. Per affrontarla è fondamentale calibrare l’esposizione e utilizzare strumenti come lo stop loss in modo rigoroso. La gestione del rischio deve essere una priorità, soprattutto nei mercati con leva finanziaria.
Effetto leva sottovalutato
Molti principianti si avvicinano al commodity trading utilizzando strumenti derivati come i CFD o i futures. Entrambi consentono di operare con una leva elevata. Questo significa che piccoli movimenti del prezzo sottostante possono generare guadagni o perdite molto superiori al capitale investito.
L’errore più comune consiste nel sovrastimare le proprie capacità e operare con leve troppo aggressive. Per ridurre il rischio è preferibile iniziare con leve basse, magari su asset meno volatili, e adottare una strategia di crescita graduale.
Analisi fondamentale più complessa del normale
L’analisi fondamentale delle commodity richiede competenze specifiche. A differenza del mercato azionario, dove è possibile analizzare bilanci, settori e KPI aziendali, nel commodity trading occorre interpretare dati sui raccolti, scorte, estrazioni, decisioni politiche e normative internazionali.
Molti trader principianti trascurano questi aspetti e si affidano solo all’analisi tecnica. In realtà, una strategia efficace richiede la combinazione di entrambe le analisi. Per colmare questa lacuna è consigliabile seguire report settoriali, fonti ufficiali come EIA, OPEC, USDA, oltre a corsi di formazione dedicati.
Eccessiva esposizione su una singola commodity
Un altro errore comune è la concentrazione del capitale su un’unica materia prima, scelta spesso in base alla popolarità del momento (come l’oro nei periodi di incertezza o il petrolio in fase di crescita economica).
L’esposizione su un solo asset amplifica il rischio specifico e può compromettere la stabilità del portafoglio. Il modo più semplice per affrontare questo rischio è la diversificazione, anche tra soft e hard commodity. È possibile inoltre includere asset decorrelati come indici o valute per bilanciare la volatilità.
Qualche consiglio psicologico
Operare nel commodity trading richiede una certa solidità mentale. Le insidie di cui abbiamo parlato possono mettere sotto pressione anche i trader più preparati. Per questa ragione è importante adottare un approccio psicologico orientato alla lucidità e al controllo.
Prima di tutto, occorre accettare che la perdita fa parte del processo. Non esiste strategia che garantisca il successo in ogni operazione. Ciò che conta è la coerenza nel tempo e la disciplina nella gestione del rischio.
È fondamentale inoltre evitare le decisioni impulsive. I mercati delle materie prime sono spesso soggetti a reazioni emotive da parte dei partecipanti. Chi riesce a mantenere la calma ha un vantaggio competitivo.
Infine, è bene ridurre l’esposizione nei periodi di stress personale o scarso focus. Il commodity trading richiede presenza mentale e capacità di analisi. A volte, la cosa migliore da fare è… non fare niente.