Gli ETF hanno rivoluzionato il modo di investire, hanno reso accessibili strategie che un tempo erano riservate ai fondi istituzionali. D’altronde, rappresentano una promessa di semplicità: replicano in modo fedele l’andamento di un indice, con costi contenuti e trasparenza totale. Tuttavia, questa promessa non è sempre mantenuta. Esiste infatti una discrepanza, spesso sottovalutata, tra la performance teorica dell’indice e quella effettiva dell’ETF.
Questa differenza, chiamata tracking difference, può sembrare minima nel breve periodo, ma nel lungo termine incide sulla redditività complessiva dell’investimento. Comprendere le cause di questo fenomeno e sapere come monitorarlo è fondamentale per chi desidera utilizzare gli ETF in modo consapevole e strategico.
Come Funziona un ETF e Cos’è il Tracking Difference
Un ETF (Exchange Traded Fund) è un fondo d’investimento a gestione passiva, quotato in Borsa come un’azione. Il suo obiettivo è replicare l’andamento di un indice di riferimento, ad esempio l’S&P 500, il MSCI World o il FTSE MIB. A differenza dei fondi attivi, che tentano di battere il mercato attraverso scelte discrezionali, gli ETF si limitano a riprodurre fedelmente la composizione dell’indice, cercando di ottenere un rendimento quanto più possibile identico. Il meccanismo di base è semplice: i movimenti di prezzo si trasformano in guadagno per l’investitore.
Esistono due principali modalità di replica:
- Replica fisica, nella quale il fondo acquista realmente tutti o una parte dei titoli presenti nell’indice.
- Replica sintetica, che utilizza strumenti derivati (come swap o contratti futures) per riprodurre la performance dell’indice senza detenere direttamente i titoli sottostanti.
In teoria, il rendimento dell’ETF dovrebbe coincidere con quello dell’indice al netto dei costi di gestione. In pratica, però, tra i due si verifica spesso una differenza più o meno significativa, chiamata tracking difference.
Il tracking difference rappresenta esattamente la divergenza tra la performance dell’ETF e quella del suo indice di riferimento su un determinato periodo. È un dato che può essere positivo o negativo:
- Positivo, quando l’ETF sovraperforma l’indice (ad esempio grazie a un’efficiente gestione dei dividendi o a bassi costi di replica).
- Negativo, quando l’ETF rende meno dell’indice a causa di costi, inefficienze o fattori di mercato.
Il concetto è diverso dal tracking error, che misura la volatilità delle differenze di rendimento tra ETF e indice. In altre parole, il tracking error quantifica quanto i rendimenti divergono nel tempo, mentre il tracking difference misura l’effetto cumulativo finale di questa divergenza.
Il tracking difference ha diverse cause:
- Commissioni di gestione (TER, Total Expense Ratio), che riducono leggermente la performance rispetto all’indice.
- Costi di transazione e ribilanciamento, dovuti alla necessità di mantenere allineata la composizione del portafoglio con quella dell’indice.
- Gestione dei dividendi, che può variare tra fondi ad accumulazione e fondi a distribuzione.
- Fiscalità, poiché le imposte su dividendi o plusvalenze differiscono tra Paesi e tra strumenti.
- Liquidità dei titoli sottostanti, che può influire sul prezzo di esecuzione e sulla capacità del fondo di replicare fedelmente l’indice.
- Replica sintetica, che introduce il rischio di controparte e possibili disallineamenti legati ai contratti derivati.
Tutti questi elementi, seppur di piccola entità singolarmente, possono accumularsi nel tempo e generare scostamenti non trascurabili tra la performance dell’indice e quella del fondo.
Le Conseguenze per gli Investitori
Per un investitore che utilizza gli ETF come strumento di lungo termine, la tracking difference è un rischio spesso invisibile, ma concreto. Il suo impatto cresce con la durata dell’investimento, poiché anche differenze annuali apparentemente modeste – ad esempio 0,3% o 0,5% – diventano rilevanti nel lungo periodo a causa dell’effetto composto.
Immaginiamo un ETF che replica un indice con rendimento medio del 6% annuo, ma che a causa del tracking difference realizza solo il 5,5%. Dopo dieci anni, la differenza tra i due portafogli può superare il 6% del capitale iniziale. Questo scarto rappresenta un costo nascosto che l’investitore paga senza rendersene conto.
Le conseguenze non sono solo quantitative ma anche strategiche. Un ETF con un tracking difference elevato perde parte del suo valore come strumento di replica, minando la fiducia dell’investitore nella gestione passiva. Inoltre, nei portafogli diversificati, la somma di più ETF con scostamenti diversi può generare risultati complessivi lontani dall’obiettivo teorico di allocazione.
Un altro aspetto da considerare è che la tracking difference può variare nel tempo, anche per lo stesso ETF. Fattori come variazioni fiscali, cambiamenti nelle regole di composizione dell’indice o aumenti di volatilità nei mercati sottostanti possono peggiorare la qualità della replica.
Ad esempio, durante periodi di forte stress di mercato, gli ETF che replicano indici poco liquidi (come quelli obbligazionari o di mercati emergenti) possono subire scostamenti più marcati. In questi casi, la difficoltà nel reperire i titoli sottostanti o nel ribilanciare il portafoglio porta a una replica meno precisa e, quindi, a un tracking difference più ampio.
Cosa Fare in Caso di Tracking Difference
Il primo strumento per gestire il rischio di tracking difference è la consapevolezza. Ogni investitore dovrebbe verificare periodicamente il rendimento effettivo del proprio ETF rispetto a quello dell’indice di riferimento. Quasi tutte le società emittenti pubblicano sui propri siti il dato ufficiale della tracking difference annuale e storica, spesso accompagnato da grafici comparativi.
In presenza di uno scostamento significativo, è importante analizzarne le cause prima di prendere decisioni affrettate. Se la differenza deriva da fattori temporanei, come una fase di elevata volatilità o un cambio nella metodologia di calcolo dell’indice, può essere prudente attendere. Se invece lo scostamento è persistente e superiore a quello di ETF concorrenti sullo stesso indice, conviene valutare una sostituzione.
Ecco alcune buone pratiche per ridurre l’impatto del fenomeno:
- Confrontare più ETF sullo stesso indice. Ciò consente di individuare i fondi più efficienti nel lungo periodo. Un ETF con commissioni leggermente più alte ma minore tracking difference può risultare più conveniente.
- Preferire ETF a replica fisica per indici liquidi. Nella maggior parte dei casi, la replica fisica diretta riduce il rischio di scostamenti significativi, soprattutto su mercati trasparenti come quello azionario statunitense o europeo.
- Verificare la politica sui dividendi. I fondi ad accumulazione, che reinvestono automaticamente i dividendi, tendono ad avere una replica più stabile nel tempo rispetto a quelli a distribuzione, che possono subire disallineamenti temporanei.
- Monitorare il contesto fiscale e valutario. ETF domiciliati in giurisdizioni diverse possono avere trattamenti fiscali differenti sui dividendi o sulle plusvalenze, influenzando la performance netta. Anche la valuta di quotazione può incidere: un ETF quotato in euro che replica un indice in dollari introduce un rischio di cambio aggiuntivo, che può amplificare la tracking difference.
- Evitare di giudicare solo in base al TER. Le commissioni annue dichiarate non raccontano tutta la storia: un ETF con TER basso ma replica inefficiente può produrre risultati peggiori di uno con TER più alto ma replica precisa.
Nel caso in cui la tracking difference sia già significativa e comprometta la coerenza della strategia, l’investitore può valutare un ribilanciamento del portafoglio. Vendere l’ETF inefficiente e sostituirlo con uno più fedele può ridurre la deviazione complessiva dal benchmark e migliorare la performance di lungo periodo.
