L’inflazione britannica rimane ancorata al 3,4%

I dati pubblicati mercoledì dall’Office for National Statistics (ONS) mostrano che il tasso di inflazione annuale del Regno Unito si è attestato al 3,4% a maggio, perfettamente in linea con le previsioni degli analisti. Questo risultato conferma la persistenza di pressioni inflazionistiche nell’economia britannica, nonostante gli sforzi della Bank of England per riportare i prezzi sotto controllo. L’ONS aveva inizialmente riportato un incremento del 3,5% nei dodici mesi fino ad aprile, ma successivamente ha rivelato che un errore nel calcolo dei dati relativi alla tassa automobilistica aveva portato a una sovrastima. Senza questo errore, il dato di aprile sarebbe stato anch’esso del 3,4%. L’ente statistico ha precisato che, pur mantenendo i dati originali per policy interna, ha utilizzato i dati corretti per calcolare l’indice dei prezzi al consumo di maggio.

Core inflation in calo ma ancora elevata

L’inflazione core, che esclude i prezzi più volatili di energia, cibo, alcol e tabacco, ha registrato un aumento del 3,5% su base annua a maggio, in diminuzione rispetto al 3,8% dei dodici mesi precedenti ad aprile. Questo rallentamento, seppur modesto, potrebbe fornire qualche segnale incoraggiante per i policymaker della banca centrale. Richard Heys, chief economist ad interim presso l’ONS, ha commentato: “Una varietà di movimenti di prezzo contrapposti ha fatto sì che l’inflazione rimanesse sostanzialmente invariata a maggio”. Ha evidenziato come le tariffe aeree siano diminuite questo mese, in contrasto con il forte aumento registrato nello stesso periodo dell’anno scorso, a causa del diverso calendario pasquale e delle vacanze scolastiche che hanno influenzato i prezzi. Anche i costi del carburante hanno registrato un calo.

Reazione dei mercati valutari

La sterlina britannica ha reagito positivamente ai dati, guadagnando lo 0,22% contro il dollaro americano, portandosi a quota 1,345 dollari. Questo movimento riflette le aspettative del mercato riguardo alla politica monetaria della Bank of England.

Le implicazioni per la politica monetaria

I dati sull’inflazione assumono particolare rilevanza per la Bank of England, che si trova a dover bilanciare la necessità di contenere l’inflazione con il supporto a una crescita economica ancora debole. Il consensus degli economisti prevede che la banca centrale manterrà i tassi invariati nella riunione di giovedì, rimanendo vigile sulle pressioni inflazionistiche. Ruth Gregory, deputy chief economist per il Regno Unito presso Capital Economics, ha affermato che questi dati “non indurranno la Bank a deviare dal suo percorso trimestrale di taglio dei tassi”. Con l’inflazione dei servizi ancora elevata al 4,7%, la modesta diminuzione dell’inflazione CPI dal 3,5% di aprile al 3,4% di maggio non spingerà la banca centrale a modificare la sua strategia. La Bank of England dovrebbe mantenere i tassi al 4,25% e il prossimo taglio di 25 punti base è atteso per agosto.

Previsioni future e rischi geopolitici

La Bank of England prevede che il tasso di inflazione salirà al 3,7% nel terzo trimestre, prima di iniziare a raffreddarsi nel prossimo anno. Tuttavia, l’escalation del conflitto in Medio Oriente potrebbe compromettere queste previsioni, con potenziali disruzioni alle catene di approvvigionamento e aumenti dei prezzi del petrolio che potrebbero spingere i prezzi al consumo oltre le aspettative iniziali. Rob Wood, chief economist per il Regno Unito presso Pantheon Macroeconomics, prevede che l’inflazione oscillerà intorno ai livelli attuali per il resto dell’anno, con una media del 3,4%. Il suo team anticipa un picco del 3,6% a settembre, ma avverte che gli aumenti dei prezzi del petrolio legati al conflitto tra Israele e Iran potrebbero spingere queste cifre al rialzo.

blank

L’impatto dei prezzi energetici sull’inflazione futura

Wood ha sottolineato che il suo team non ha ancora incorporato completamente l’impatto dei recenti aumenti dei prezzi del petrolio: “Utilizziamo una media a 15 giorni dei prezzi per attenuare la volatilità, ma dovremmo rivedere al rialzo il picco inflazionistico al 3,7% se i prezzi del petrolio e del gas naturale si manterranno ai livelli attuali”. In uno scenario più pessimistico, se il petrolio dovesse raggiungere gli 80 dollari al barile e i prezzi del gas naturale aumentassero proporzionalmente, il picco inflazionistico potrebbe toccare il 3,8%. I futures sul petrolio greggio sono saliti di oltre il 4% martedì, dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha chiesto una “resa incondizionata” al leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei.

La risposta del governo britannico

Il ministro delle Finanze britannico Rachel Reeves ha risposto ai dati affermando che il Tesoro ha preso “le scelte necessarie per stabilizzare le finanze pubbliche e tenere sotto controllo l’inflazione”, pur riconoscendo che “c’è ancora molto da fare”. Questa dichiarazione sottolinea l’impegno del governo nel supportare gli sforzi della banca centrale per riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2%. La persistenza dell’inflazione al di sopra del target della Bank of England continua a rappresentare una sfida significativa per i policymaker britannici, che devono navigare tra la necessità di contenere i prezzi e il rischio di soffocare una ripresa economica già fragile. Con le tensioni geopolitiche che minacciano di alimentare ulteriori pressioni inflazionistiche attraverso i prezzi energetici, la strada verso la normalizzazione della politica monetaria appare ancora lunga e incerta.