L’inflazione tedesca scende al 2%: un segnale positivo per l’economia europea

I dati preliminari diffusi dall’ufficio statistico Destatis hanno rivelato un’evoluzione inaspettata dell’inflazione in Germania. Il tasso annuale si è attestato al 2% a giugno, allineandosi perfettamente con l’obiettivo della Banca Centrale Europea. Gli analisti intervistati da Reuters avevano previsto un valore del 2,2% per i dodici mesi fino a giugno.

Il confronto con le aspettative e il contesto europeo

Il dato tedesco è armonizzato a livello di zona euro, permettendo un confronto diretto con gli altri Stati membri della moneta unica. L’indice dei prezzi al consumo aveva registrato un rallentamento al 2,1% su base annua a maggio. Nel resto d’Europa, le letture di giugno hanno mostrato dinamiche differenziate: Francia e Spagna hanno registrato un lieve aumento del tasso armonizzato, mentre l’Italia non ha mostrato variazioni.

Le reazioni degli analisti e le prospettive future

Franziska Palmas, economista senior per l’Europa presso Capital Economics, ha sottolineato come questi dati rappresentino una notizia positiva per la BCE, che dovrebbe procedere con un ulteriore taglio dei tassi in questo ciclo. “Nel complesso, i dati confermano che l’inflazione nell’eurozona è tornata in modo sostenibile all’obiettivo. Salvo un nuovo aumento dei prezzi energetici, prevediamo che il tasso principale si attesti in media al 2,0% quest’anno e che la BCE effettui un ultimo taglio dei tassi a settembre, portando il tasso sui depositi all’1,75%”, ha dichiarato in una nota.

I dati attesi per l’eurozona

I dati sull’inflazione della zona euro saranno pubblicati martedì, con gli analisti che prevedono un tasso principale del 2% a giugno, secondo il consensus Reuters.

Fattori di rischio e considerazioni critiche

Nonostante il dato tedesco possa rassicurare la BCE sul raggiungimento dell’obiettivo inflazionistico, fattori esterni potrebbero ancora compromettere la traiettoria disinflazionistica, secondo Carsten Brzeski, responsabile globale Macro presso ING. “Nonostante le celebrazioni alla BCE, non dimentichiamo che la disinflazione nell’eurozona è stata guidata principalmente da fattori esterni e, recentemente, dal Presidente Trump”, ha osservato, citando il calo dei prezzi del petrolio e il rafforzamento dell’euro come driver importanti del trend al ribasso.

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L’inflazione dei servizi rimane una sfida

L’inflazione nel settore dei servizi rimane elevata “a livelli non visti dagli anni ’90 prima della pandemia”, ha notato Brzeski, e si prevede che scenda sotto il 3% solo il prossimo anno. “Questa pressione persistente dovrebbe moderare qualsiasi celebrazione prematura alla BCE”, ha aggiunto.

Volatilità del petrolio e prospettive di politica monetaria

Il processo disinflazionistico in corso dipende fortemente dai prezzi del petrolio, “e le ultime due settimane hanno mostrato quanto possano essere volatili questi prezzi”, ha affermato Brzeski, riferendosi al forte aumento dei prezzi petroliferi durante gli attacchi reciproci tra Israele e Iran alle rispettive infrastrutture petrolifere. Le previsioni indicano che la BCE manterrà una pausa nella prossima riunione di luglio, lasciando aperta l’opzione per un ulteriore taglio dei tassi nella riunione di settembre, se il trend disinflazionistico continuerà. Questa strategia dipenderà anche dall’assenza di nuovi shock tariffari dopo la fine della pausa di 90 giorni, prevista tra meno di due settimane.

Implicazioni per investitori e mercati

Per gli investitori, questi sviluppi suggeriscono un contesto di maggiore stabilità dei prezzi nell’eurozona, con potenziali implicazioni positive per i mercati obbligazionari e azionari. Tuttavia, la persistente inflazione nei servizi e la volatilità dei prezzi energetici richiedono un monitoraggio costante e un approccio prudente nelle decisioni di investimento.