Nel mondo del trading quantitativo, uno degli strumenti più importanti per valutare l’efficacia di una strategia è il backtesting. Ma esiste un approccio più robusto, meno soggetto alle distorsioni dei modelli rigidi: il backtesting non parametrico. In questo articolo scopriremo cos’è, quali vantaggi offre e come applicarlo concretamente nelle proprie analisi operative.

Cos’è il backtesting non parametrico

Per spiegare cosa sia il backtesting non parametrico dobbiamo prima spiegare cosa sia il backtesting in generale.

Ebbene, per backtesting si intende una procedura che consente di verificare la validità di una strategia di trading applicandola a dati storici. Lo scopo è stimare come si sarebbe comportata nel passato e, per estensione, prevedere come potrebbe comportarsi nel futuro.

Un tipico esempio di backtesting potrebbe consistere nell’applicare una strategia basata su medie mobili incrociate su dati degli ultimi cinque anni per valutare profitti, drawdown e percentuali di successo.

A questo punto possiamo rispondere alla domanda: cos’è il backtesting non parametrico? Di base, è un backtesting che non si basa su modelli rigidi o parametri ottimizzati.

Nel backtesting tradizionale, infatti, (es. media mobile a 20 periodi) vengono spesso selezionati e ottimizzati parametri specifici, in modo che si adattino ai dati storici. Questo può portare a un problema chiamato curve fitting: la strategia sembra funzionare solo perché è stata “cucita su misura” per quel set di dati.

Il backtesting non parametrico, dunque, utilizza tecniche statistiche che analizzano i risultati senza presupporre alcuna forma predefinita di relazione tra variabili. Si concentra sull’evidenza empirica, non sull’adattamento del modello ai dati.

In altre parole, il backtesting non parametrico cerca pattern ripetibili e statisticamente significativi, senza costringerli in una forma prestabilita.

Ma facciamo un esempio concreto di backtesting non parametrico.

Immaginiamo di voler testare se i giorni in cui il mercato apre con un gap ribassista superiore all’1% offrono un vantaggio long nel breve termine.

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Nel backtesting parametrico, potremmo usare una regressione o fissare soglie definite per entrare/uscire. In quello non parametrico, invece, analizzeremmo tutte le giornate con gap > -1%, osserveremmo la distribuzione dei rendimenti nei giorni successivi, e confronteremmo questa distribuzione con quella di giornate senza gap.

Non cerchiamo una formula: cerchiamo una differenza reale nei comportamenti dei dati.

I vantaggi del backtesting non parametrico

Il backtesting non parametrico sta guadagnando popolarità tra i trader più attenti. La sua forza risiede nella capacità di ridurre le illusioni statistiche e focalizzarsi sui dati reali. Ma ecco tre vantaggi significativi di questa tecnica.

Minore rischio di overfitting

Nel backtesting parametrico, ogni nuovo parametro inserito è un potenziale errore in più. Si può arrivare a costruire un sistema perfetto… per il passato. Il backtesting non parametrico evita questa trappola perché non cerca di “forzare” un modello a funzionare.

Più robustezza alle variazioni di mercato

Le strategie non parametriche tendono a essere più adattabili ai cambiamenti di regime di mercato. Poiché non sono vincolate da modelli fissi, sono meno sensibili alle distorsioni causate da condizioni temporanee.

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Non è un dettaglio di poco conto: solo una strategia che si basa sull’evidenza empirica di un comportamento può sopravvivere meglio a mercati laterali, iper-volatili o irregolari.

Approccio più visivo e statistico

Il backtesting non parametrico permette di lavorare su distribuzioni, heatmap, boxplot, analisi di varianza, rendendo più intuitivo e trasparente il processo decisionale. Questo tipo di visualizzazione è particolarmente utile quando si lavora con pattern comportamentali e segnali qualitativi.

Come utilizzare le evidenze del backtesting non parametrico

Utilizzare le evidenze del backtesting non parametrico significa convalidare ipotesi con una maggiore onestà statistica. Ciò significa, per esempio…

  • Evitare soglie arbitrarie: invece di testare “se RSI < 30”, è bene valutare la distribuzione dei rendimenti in funzione del valore dell’RSI, osservando dove si concentrano i risultati migliori.
  • Utilizzare strumenti statistici visivi: istogrammi dei ritorni, boxplot e kernel density estimation sono molto più significativi rispetto a un semplice equity curve basato su regole fisse.
  • Lavorare su frequenze diverse: non ci si deve limitare a daily o H1. D’altronde, i dati intraday e le analisi non parametriche su finestre minute possono rivelare anomalie preziose.

Facciamo ora un esempio concreto di utilizzo del backtesting non parametrico.

Immaginiamo di voler capire se i breakout al rialzo nei primi 30 minuti di contrattazione dello S&P500 portano un vantaggio operativo. Ecco la procedura più corretta.

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  • Fase 1: Raccolta dati. Si prendono 5 anni di dati intraday (1-minuto), si identificano tutti i giorni in cui l’S&P500 rompe il massimo dei primi 30 minuti, e si misura il rendimento fino alla chiusura.
  • Fase 2: Analisi distribuzionale. Si confronta la distribuzione dei rendimenti di questi “giorni di breakout” con quella dei giorni normali (senza breakout). Non si imposta una soglia fissa o un modello: si osserva la forma della distribuzione, si calcola la media, la mediana, la varianza.
  • Fase 3: Validazione statistica. Con un test di Kolmogorov–Smirnov o con una semplice analisi visiva, si verifica se le due distribuzioni differiscono in modo significativo. Se sì, abbiamo un’evidenza – non un modello – su cui costruire la nostra strategia, magari anche discrezionale.

Ecco che il risultato non sarà una regola “compra a 9:31 e vendi a 15:47”, ma piuttosto una consapevolezza statistica su cui poggiare scelte più robuste.