Il recente declassamento del giudizio sul credito statunitense da parte dell’agenzia Moody’s ha riportato l’attenzione sul tema del debito sovrano americano. Tuttavia, per Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, il vero pericolo non risiede nell’eventualità che il governo USA non riesca a ripagare i propri debiti. In altre parole, anziché mancare il rimborso, potrebbero ricorrere alla creazione di moneta, erodendo il potere d’acquisto degli investitori.

Dal Debito Sovrano USA Rischi Di Svalutazione Del Dollaro

Secondo Dalio, l’analisi delle agenzie di rating si concentra sulla probabilità che un Paese non onori formalmente il proprio debito sovrano, trascurando la possibilità che lo faccia svalutando la moneta, con effetti dannosi per chi detiene titoli denominati in dollari. In un post pubblicato sulla piattaforma X, Dalio ha ribadito come una gestione fiscale poco disciplinata possa aggravare questo scenario, sottolineando che il downgrade di Moody’s è solo un sintomo superficiale di un problema molto più profondo.

L’impatto sui mercati finanziari non si è fatto attendere. Dopo la revisione del rating, i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi sono saliti in modo repentino: il trentennale ha sfiorato il 5%, mentre il decennale ha superato il 4,5%. Contestualmente, le principali borse hanno registrato chiusure negative, segnalando una crescente inquietudine tra gli investitori. Sebbene il debito sovrano americano continui a essere considerato a basso rischio formale di insolvenza, cresce il timore che l’inflazione possa erodere i rendimenti reali, trasformando un asset ritenuto sicuro in una fonte di perdite effettive.

Anche Scope Ratings Lancia L’allarme Sul Debito Sovrano USA

Anche Scope Ratings si è espressa con preoccupazione sulla sostenibilità del debito pubblico statunitense. L’agenzia ha mantenuto il rating a “AA” ma ha confermato un outlook negativo, evidenziando criticità strutturali nella traiettoria fiscale degli USA. In un’analisi firmata da Eiko Sievert, si stima che il rapporto debito/PIL degli Stati Uniti potrebbe raggiungere il 133% entro il 2030, superando ampiamente quello di molte altre economie avanzate. Secondo il rapporto, il crescente peso del servizio del debito è un elemento chiave di fragilità. Entro la fine del decennio, si prevede che gli interessi sul debito sovrano americano rappresenteranno il 12% delle entrate federali, un livello significativamente superiore rispetto a quello di Paesi come Francia o Germania. Questa tendenza è alimentata da deficit primari persistenti, aumento dei tassi di interesse e fattori demografici come l’invecchiamento della popolazione.

Le misure annunciate o ipotizzate in ambito politico sembrano non essere in grado di cambiare il corso degli eventi. Le proposte avanzate dall’ex presidente Donald Trump – che includono tagli alla spesa pubblica non militare e l’introduzione di nuovi dazi – avrebbero un impatto limitato sul deficit strutturale. Secondo Scope, tali provvedimenti avrebbero un effetto combinato inferiore all’1% del PIL. Intanto, il fabbisogno di rifinanziamento (gross financing needs) degli Stati Uniti rimane su livelli elevati. Infatti, gli analisti stimano una media del 34% del PIL tra il 2026 e il 2030 – il valore più alto tra i Paesi sviluppati escluso il Giappone.

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