Il dollaro perde terreno mentre crescono i timori sull’indipendenza della Federal Reserve
L’indice del dollaro statunitense (DXY) ha registrato un calo dello 0,23% martedì, scendendo a 98,21, dopo che il presidente Donald Trump ha annunciato la sua intenzione di rimuovere Lisa Cook dal consiglio dei governatori della Federal Reserve. Si tratta di una mossa senza precedenti che ha riacceso le preoccupazioni degli investitori riguardo l’autonomia della banca centrale americana. L’euro si è rafforzato a 1,1654 dollari, mentre la sterlina britannica è stata scambiata a 1,3491. Il biglietto verde ha perso terreno anche contro lo yen giapponese (147,41) e il franco svizzero, confermando una debolezza generalizzata.
Le accuse di Trump e la reazione dei mercati
Trump ha accusato Cook di presunte irregolarità nelle dichiarazioni relative al suo mutuo ipotecario. La governatrice ha respinto con fermezza le accuse, sostenendo che il presidente non ha l’autorità costituzionale per licenziarla. Questa incertezza politica ha spinto i trader a rivedere le loro posizioni, prezzando il rischio di un consiglio della Fed più accomodante e potenzialmente incline a tagliare i tassi più rapidamente. Gli analisti di Goldman Sachs hanno avvertito che una simile sfida all’autonomia della Fed potrebbe pesare sul dollaro, minando sia la credibilità istituzionale che le aspettative sui rendimenti a breve termine.
La reazione del mercato obbligazionario
I mercati obbligazionari hanno riflesso l’incertezza generale. Il rendimento dei Treasury a 2 anni è sceso al 3,694%, segnalando aspettative crescenti per tagli dei tassi nel breve periodo. Al contrario, il rendimento a 10 anni è salito al 4,287% e quello a 30 anni al 4,939%, determinando un irripidimento della curva dei rendimenti. Questo movimento suggerisce che i mercati prevedono un allentamento monetario imminente, ma mantengono dubbi sulla capacità della Fed di mantenere il controllo dell’inflazione nel lungo termine.
Le previsioni di Morgan Stanley e le probabilità di un taglio dei tassi
Morgan Stanley si è unita al coro di chi prevede un taglio dei tassi, proiettando un allentamento monetario già a settembre, dopo i segnali dovish lanciati dal presidente Powell la scorsa settimana. I mercati monetari stanno ora prezzando una probabilità dell’81% per un taglio in quella riunione.
Analisi tecnica del DXY: supporti e resistenze chiave
Dal punto di vista tecnico, l’indice DXY continua a consolidare sopra la media mobile a 50 giorni posizionata a 98,10, ma rimane intrappolato in un range ristretto tra il supporto a 97,56 e la resistenza a 98,83. I rialzisti hanno brevemente spinto l’indice oltre 100,25 all’inizio del mese, ma non sono riusciti a mantenere il movimento. Da allora, l’indice ha faticato a riconquistare quota 99,32, per non parlare del test del tetto di lungo termine a 99,84.
Le medie mobili come indicatori chiave
La media mobile a 200 giorni, posizionata ben più in alto a 102,75, rimane una soglia critica al rialzo che il dollaro non è riuscito ad avvicinare da giugno. Fino a quando non vedremo una rottura decisa di questa zona di congestione attuale, sembra che il mercato stia smaltendo gli eccessi del rally di inizio agosto.
Prospettive per il dollaro: tra rischi politici e dati economici
Il dollaro sta affrontando venti contrari significativi derivanti dal rischio politico, ma non sta crollando. L’area di 97,55 sta fungendo da solido pavimento, e i venditori non sono riusciti a violarla. Una rottura netta sotto questo livello aprirebbe la strada verso 96,38, mentre il potenziale rialzista rimane limitato a meno che non si verifichi una chiusura sopra 98,83 con follow-through verso 99,84. Con i dati sull’inflazione PCE attesi più avanti questa settimana, gli investitori avranno l’opportunità di valutare meglio la direzione futura. Tuttavia, è probabile che questo indebolimento del dollaro abbia meno a che fare con i fondamentali economici e più con la fiducia nelle istituzioni. E questo tipo di problema non si risolve in una singola sessione di trading.