L’inflazione britannica accelera nuovamente
Il Regno Unito si trova ad affrontare una nuova fase di pressioni inflazionistiche. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha registrato un incremento del 3,8% nei 12 mesi fino a luglio 2025, in rialzo rispetto al 3,6% di giugno. Un dato che posiziona il paese come anomalia nel panorama internazionale e che solleva interrogativi sulla gestione della politica monetaria.
UK anomalia tra le economie sviluppate
Il confronto con le altre principali economie evidenzia la peculiarità britannica. L’inflazione nell’area euro si mantiene stabile al 2,0% secondo Eurostat, mentre gli Stati Uniti registrano un tasso del 2,7% (con una metodologia differente che include maggiormente gli affitti imputati). La divergenza del Regno Unito appare ancora più marcata considerando che gran parte delle cause sono riconducibili a decisioni politiche interne.
Le responsabilità della Bank of England
La banca centrale britannica emerge come uno dei principali responsabili di questa situazione. Ad agosto 2025, il Monetary Policy Committee ha votato con una maggioranza risicata di 5-4 per ridurre il Bank Rate di 25 punti base al 4%, nonostante i segnali di ripresa inflazionistica. Il governatore Andrew Bailey ha giustificato la decisione parlando di “sostanziale disinflazione negli ultimi due anni e mezzo”, un’affermazione che contrasta con i dati reali che mostrano un’inflazione in crescita dal minimo dell’1,7% di settembre 2024.
Errori di previsione sistematici
Le proiezioni della Bank of England si sono rivelate sistematicamente errate. Nel Monetary Policy Report di novembre 2024, l’istituzione prevedeva un’inflazione intorno al 2,75% per la seconda metà del 2025, con un successivo ritorno verso il target del 2%. La realtà mostra un picco superiore di circa un punto percentuale e nessun segnale di rallentamento. Dal novembre 2024, i tassi d’interesse sono stati tagliati complessivamente dell’1%, mentre l’inflazione ha superato le previsioni dello stesso margine. Un fallimento completo che mette in discussione l’efficacia della tanto pubblicizzata Bernanke Review, che avrebbe dovuto migliorare le capacità previsionali dell’istituto.
Il ruolo del governo nelle pressioni inflazionistiche
Anche il Cancelliere dello Scacchiere ha contribuito all’accelerazione dei prezzi. Gli aumenti salariali concessi al settore pubblico come una delle prime misure del nuovo governo, insieme all’incremento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (National Insurance), hanno generato pressioni sui costi del lavoro. Secondo le stime ufficiali, l’impatto combinato delle misure di bilancio aggiungerà circa mezzo punto percentuale all’inflazione al suo picco.
Analisi settoriale delle pressioni sui prezzi
Trasporti: il caso delle tariffe aeree
Il settore dei trasporti ha fornito il contributo maggiore all’accelerazione mensile, con le tariffe aeree in aumento del 30,2% tra giugno e luglio 2025, contro il 13,3% dello stesso periodo del 2024. Si tratta dell’incremento più elevato per il mese di luglio da quando la rilevazione è passata da trimestrale a mensile nel 2001. L’Office for National Statistics attribuisce parte dell’aumento al diverso calendario delle vacanze scolastiche, ma persistono dubbi sulla metodologia di rilevazione, particolarmente per i voli europei. I carburanti hanno registrato aumenti significativi: la benzina è salita di 2,0 pence al litro, mentre il diesel di 2,9 pence, in netto contrasto con i cali dell’anno precedente.
Alimentari: l’impatto del cacao e delle carni
Il settore alimentare continua a mostrare tensioni, con un incremento mensile dello 0,4% a luglio. Particolarmente rilevante l’aumento nei prodotti a base di cioccolato, conseguenza diretta del rialzo dei prezzi del cacao sui mercati internazionali. Carne, latte, formaggi e uova hanno tutti registrato aumenti dello 0,6% su base mensile. Un dato allarmante emerge dal mercato delle carni bovine: secondo l’analista Javier Blas, l’inflazione per manzo e vitello nel Regno Unito sta correndo a quasi il 25% su base annua, un fattore particolarmente critico per le aspettative inflazionistiche data la visibilità di questi prodotti nel carrello della spesa quotidiano.
Ristorazione e servizi ricettivi
Anche il settore dell’ospitalità contribuisce alle pressioni inflazionistiche, con prezzi in aumento dello 0,4% su base mensile. I servizi di alloggio, in particolare le prenotazioni alberghiere last-minute, hanno guidato gli aumenti, seguiti da ristoranti e caffè.
Problemi strutturali nelle statistiche britanniche
L’Office for National Statistics sta affrontando una serie di difficoltà tecniche che sollevano dubbi sull’affidabilità dei dati economici. La pubblicazione dei dati sulle vendite al dettaglio di luglio è stata posticipata al 5 settembre, mentre persistono problemi nella produzione degli indici dei prezzi alla produzione. Un “errore minore” nell’imputazione degli indici stagionali mancanti è stato identificato nel rilascio odierno, alimentando preoccupazioni su possibili problemi più ampi non ancora emersi.
RPI: l’indicatore dimenticato
Mentre le istituzioni britanniche continuano a privilegiare il CPI, il Retail Prices Index (RPI) mostra un’inflazione del 4,8%, in aumento dal 4,4% del mese precedente. Nonostante le critiche ufficiali, l’RPI si è dimostrato negli ultimi anni un indicatore più accurato del reale costo della vita per i consumatori britannici. Il suo principale “difetto” agli occhi delle autorità sembra essere proprio quello di produrre numeri più elevati e quindi meno politicamente convenienti.
Prospettive e implicazioni per i mercati
La situazione inflazionistica del Regno Unito presenta caratteristiche uniche nel panorama delle economie sviluppate. La combinazione di errori di politica monetaria, decisioni fiscali espansive e problemi nella rilevazione statistica crea un quadro di particolare incertezza. Per gli investitori, questo scenario suggerisce potenziali pressioni al rialzo sui rendimenti dei gilt britannici e possibili ripercussioni sulla sterlina, specialmente se la Bank of England sarà costretta a rivedere la sua stance accomodante. La credibilità delle istituzioni britanniche, già compromessa da anni di previsioni errate, rischia di subire ulteriori danni se l’inflazione dovesse continuare a sorprendere al rialzo. In un contesto globale dove altre banche centrali stanno gestendo con maggior successo il ritorno verso i target inflazionistici, il Regno Unito appare sempre più isolato nella sua lotta contro pressioni sui prezzi in gran parte auto-inflitte.