Il dollaro guadagna terreno ma gli esperti prevedono un calo imminente
Il dollaro americano ha registrato un forte rialzo nelle contrattazioni di lunedì, con l’indice del dollaro in crescita dello 0,45% in un momento della giornata, segnalando guadagni contro un paniere di valute internazionali. Questo movimento al rialzo è stato innescato dagli attacchi militari statunitensi contro l’Iran, che hanno spinto gli investitori verso il tradizionale rifugio sicuro rappresentato dal biglietto verde. Il greenback ha mostrato apprezzamenti significativi contro lo yen giapponese, l’euro, la sterlina britannica e i dollari canadese, australiano e neozelandese. Alle 9:30 ora di Londra, la valuta americana manteneva un incremento di circa lo 0,4%.
Le dinamiche di mercato dietro il rafforzamento del dollaro
Kirstine Kundby-Nielsen, ricercatrice sui mercati obbligazionari e valutari presso Danske Bank, ha spiegato che “l’escalation della crisi mediorientale dopo gli attacchi USA all’Iran durante il weekend dovrebbe portare ad alcuni degli effetti tradizionali di rifugio sicuro nel mercato, come l’aumento del prezzo del petrolio, il calo dei prezzi azionari e un dollaro più forte”. Tuttavia, un numero crescente di banche d’investimento ritiene che questa forza del dollaro sia destinata a essere temporanea. Gli analisti sottolineano come il conflitto in Medio Oriente stia semplicemente mascherando preoccupazioni più profonde riguardanti la politica fiscale statunitense, le guerre commerciali e l’indebolimento della domanda internazionale per gli asset americani.
I numeri parlano chiaro
L’indice del dollaro ha perso oltre l’8% dall’inizio dell’anno, riflettendo le preoccupazioni strutturali di lungo termine che affliggono la valuta americana. Questo dato evidenzia come il rally attuale potrebbe essere solo una parentesi in un trend ribassista più ampio.
Il fattore Iran e lo Stretto di Hormuz
La forza immediata del dollaro è legata ai timori su come l’Iran potrebbe reagire agli attacchi. La principale preoccupazione riguarda una possibile chiusura dello Stretto di Hormuz, un passaggio vitale per il transito del petrolio mondiale. Gli analisti di RBC Capital Markets avvertono però che la situazione è più complessa di quanto appaia. Halima Croft, ex analista della CIA e ora presso RBC, ha evidenziato che l’Iran possiede capacità asimmetriche per “colpire singole petroliere e porti chiave”. “Non crediamo si tratti di uno scenario ‘chiusura totale o niente’ quando si parla di questa via d’acqua. L’Iran potrebbe utilizzare le sue capacità asimmetriche per aumentare il costo economico delle operazioni congiunte USA/Israele”, ha affermato Croft in una nota ai clienti.
Ottimismo cauto sul petrolio
Jordan Rochester, responsabile della strategia FICC per la regione EMEA presso Mizuho, ha espresso un cauto ottimismo: “È una previsione audace, ma dubito che lo Stretto di Hormuz venga bloccato e che eviteremo i livelli di petrolio a 100-130 dollari al barile previsti da alcuni analisti. Alleati iraniani come la Cina probabilmente eserciteranno pressioni per mantenere i flussi petroliferi”. Rochester ha aggiunto che gli Stati Uniti hanno probabilmente reso l’infrastruttura energetica una linea rossa collegata al loro sostegno a Israele.
Segnali contrastanti dal mercato dei Treasury
Un indicatore chiave della domanda di beni rifugio – il mercato dei Treasury USA – sta raccontando una storia completamente diversa attraverso la sua reazione insolitamente contenuta. Tradizionalmente, una crisi globale spinge gli investitori verso il debito governativo americano. Tuttavia, Kundby-Nielsen di Danske Bank ha osservato che “l’impatto sui Treasury USA è più incerto dato il significativo deficit commerciale e i dazi combinati con un potenziale aumento dell’offerta di Treasury dovuto alla politica fiscale espansiva”.
La guerra commerciale globale complica il quadro
Le preoccupazioni fiscali sono aggravate da una guerra commerciale globale in corso. Con una scadenza del 9 luglio che si avvicina per la fine di una tregua sui dazi, gli Stati Uniti minacciano tariffe fino al 50% sulla maggior parte delle importazioni dall’Unione Europea. Thierry Wizman e Gareth Berry, strategist valutari e dei tassi di Macquarie, hanno osservato in una nota del 20 giugno che “per quanto riguarda il dollaro USA, sospettiamo che scenderebbe più in basso se non fosse per la guerra, principalmente perché le notizie relative ai dazi sulle importazioni USA non sono particolarmente buone, e perché i dati provenienti dall’esterno degli USA, sebbene deboli, non indicano un ulteriore deterioramento rispetto agli Stati Uniti”.
Il posizionamento degli investitori
Gli strategist valutari di Bank of America evidenziano che gli investitori stanno scommettendo pesantemente sul declino del dollaro USA, il che aggiunge momentum a qualsiasi movimento al ribasso della valuta. Secondo il sondaggio sui gestori di fondi globali di BofA pubblicato il 16 giugno, i fund manager vedono attualmente la posizione short sul dollaro USA come la terza operazione più affollata del mercato – anche se il sondaggio è stato condotto prima del coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto mediorientale.
Prospettive per il dollaro nel breve termine
Mentre il dollaro continua a beneficiare del suo status di rifugio sicuro nel breve termine, i fondamentali sottostanti suggeriscono che questo rally potrebbe esaurirsi rapidamente. Una volta che l’attenzione del mercato si sposterà nuovamente sui problemi strutturali dell’economia americana – deficit fiscale crescente, guerre commerciali e domanda in calo per gli asset USA – il biglietto verde potrebbe riprendere il suo trend ribassista. Gli investitori dovrebbero quindi considerare l’attuale forza del dollaro come un’opportunità tattica piuttosto che come l’inizio di un nuovo trend rialzista sostenibile. La combinazione di fattori geopolitici temporanei e debolezze strutturali persistenti suggerisce che il dollaro potrebbe presto tornare sotto pressione, confermando le previsioni ribassiste di molti analisti istituzionali.